Home C'era una volta Caro Max Yasgur, ora paga i danni!

Caro Max Yasgur, ora paga i danni!

SHARE

Fin dall’inizio si era capito che non l’avrebbe passata liscia e Max Yasgur, il proprietario della fattoria di Bethel che aveva ospitato la “tre giorni di pace, amore e musica” entrata nella storia come il Festival di Woodstock si era preparato da tempo alla resa dei conti.

I giovani? Un’invasione fastidiosa

Il 7 gennaio 1970, puntualmente, viene citato in tribunale dai proprietari dei terreni confinanti che chiedono trentacinquemila dollari di risarcimento per i danni provocati dal pubblico alle loro proprietà. Non è che l’ultimo strascico, in ordine di tempo, di un evento la cui portata epocale non ha impressionato né le autorità, né i grandi proprietari terrieri di una zona fondamentalmente conservatrice e che ha vissuto la pacifica invasione dei cinquecentomila giovani come un insopportabile fastidio. Spenti i fari dei palchi, rimesse in sesto le strade, rinata l’erba sui prati trasformati in pantano, rifatte le recinzioni travolte dalla massa umana, anche l’attenzione dei media si è spostata altrove.

Non ho i soldi che mi chiedono

L’unico a non andarsene è stato Max Yasgur, cui la commozione aveva fatto pronunciare le parole rimaste a simbolo di un evento irripetibile: «Credo che tutti voi abbiate dimostrato qualcosa al mondo, e cioè che mezzo milione di giovani possano stare insieme e divertirsi ad ascoltare musica…» La sua casa è qui. Qui è nato, è cresciuto e qui ha vissuto uno dei momenti più straordinari della sua vita. Quando gli viene notificata la citazione non fa commenti. È un uomo semplice. A un cronista locale chiarisce soltanto la sua posizione: «Non ho tutti i soldi che mi chiedono. Andrò davanti ai giudici e glielo dirò…». Pratico più che rassegnato, per lui il mondo è più semplice di come vogliono farlo apparire gli altri. Nella battaglia legale che l’aspetta non può contare sul sostegno di nessuno. Anche i protagonisti del Festival di Woodstock, divenuti improvvisamente delle star, sono lontani, impegnati a far fruttare l’inaspettata popolarità. Lui non si lamenta, non si fa problemi. La causa si trascinerà per molto tempo, ma non approderà a niente, anche perché il buon Max con la sua semplicità troverà un modo originale per uscirne: l’8 febbraio 1973, a cinquantatré anni, morirà d’infarto lasciando tutti con un palmo di naso…

 

 

Previous articleCarly Simon al vertice della classifica
Next articleTampa Red, il bluesman dalla vita complicata
Gianni Lucini
Scrivere è il mio principale mestiere, comunicare una specializzazione acquisita sul campo. Oltre che per comunicare scrivo anche per il teatro (tanto), il cinema e la TV. È difficile raccontare un'esperienza lunga una vita. Negli anni Settanta ho vissuto la mia prima solida esperienza giornalistica nel settimanale torinese "Nuovasocietà" e alla fine di quel decennio mi sono fatto le ossa nella difficile arte di addetto stampa in un campo complesso come quello degli eventi speciali e dei tour musicali. Ho collaborato con un'infinità di riviste, alcune le ho anche dirette e altre le dirigo ancora. Ho organizzato Uffici Stampa per eventi, manifestazioni e campagne. Ho formato decine di persone oggi impegnate con successo nel settore del giornalismo e della comunicazione. Ho scritto e sceneggiato spot e videogiochi. Come responsabile di campagne di immagine e di comunicazione ho operato anche al di fuori dei confini nazionali arrivando fino in Asia e in America Latina. Dal 1999 al 2007 mi sono occupato di storia e critica musicale sul quotidiano "Liberazione".