Home C'era una volta Clarence Williams, il gigante che poi lasciò il jazz

Clarence Williams, il gigante che poi lasciò il jazz

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L’8 ottobre 1898 nasce a Plaquemine, in Louisiana, Clarence Williams, uno dei giganti del jazz, definito dal Pittsburgh Courier del novembre 1931 come «l’uomo che ha pubblicato più canzoni autenticamente nere e successi jazz di tutti gli altri neri messi insieme».

Il più prolifico

Oggi in molti riconoscono in lui il più prolifico compositore che il jazz di New Orleans abbia espresso. Figlio del contrabbassista Dennis Williams, Clarence inizia a suonare il pianoforte alla età di sei anni e a dodici lascia la sua città natale per suonare in un Minstrel Show. Dopo aver lavorato con vari gruppi vaudeville, nel 1913 viene ingaggiato da Armand Piron, capo di un’orchestra che schiera personaggi come Sidney Bechet, Zue Robertson ed Henry Zeno. Proprio con Piron, nel 1915, a soli 17 anni fonda una società di edizioni musicali per guadagnare sui diritti di autore ricavati dalle sue composizioni. Dopo una breve tappa a Chicago all’inizio degli anni Venti si stabilisce definitivamente a New York. Qui sposa la cantante Eva Taylor e fonda la C. Williams Music Co. Inc. destinata a diventare una delle case musicali più prestigiose. Inizia poi a esibirsi nei più eleganti ritrovi di New York, in veste soprattutto di pianista-cantante e a organizzare sedute di incisione, avvalendosi di formazioni di studio più con i migliori musicisti della scena newyorchese. Sono lavori importanti, pubblicati in origine dalla Okeh e rimasti nella storia del jazz per la freschezza e l’originalità dei suoi arrangiamenti.

Un lavoro che raccoglie il meglio

Molti sono i fattori hanno concorso a dare alla musica di Clarence Williams una straordinaria e precisa connotazione stilistica. Si può dire che nel suo lavoro confluiscano tutte le più genuine espressioni del jazz originario (dalle jug alle washboard bands). La sua ultima apparizione in pubblico risale al 1945, anno in cui si esibisce, come cantante, nell’orchestra di Howard McGhee, anche se sta ormai per abbandonare la professione. La musica lo ha stancato. Apre ad Harlem un negozio di articoli da regalo e da hobby e vivere più che dignitosamente con i diritti di autore dei suoi pezzi più fortunati, l’ultimo dei quali (Sugar Blues) è stato riscoperto in anni più recenti prima da Clyde McCoy e quindi da Pee Wee Hunt. Nel maggio del 1956 Clarence viene investito da un taxi e perde la vista. Da allora vive in una sorta di parziale isolamento fino alla morte che avviene a New York il 6 novembre 1965.

 

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Gianni Lucini
Scrivere è il mio principale mestiere, comunicare una specializzazione acquisita sul campo. Oltre che per comunicare scrivo anche per il teatro (tanto), il cinema e la TV. È difficile raccontare un'esperienza lunga una vita. Negli anni Settanta ho vissuto la mia prima solida esperienza giornalistica nel settimanale torinese "Nuovasocietà" e alla fine di quel decennio mi sono fatto le ossa nella difficile arte di addetto stampa in un campo complesso come quello degli eventi speciali e dei tour musicali. Ho collaborato con un'infinità di riviste, alcune le ho anche dirette e altre le dirigo ancora. Ho organizzato Uffici Stampa per eventi, manifestazioni e campagne. Ho formato decine di persone oggi impegnate con successo nel settore del giornalismo e della comunicazione. Ho scritto e sceneggiato spot e videogiochi. Come responsabile di campagne di immagine e di comunicazione ho operato anche al di fuori dei confini nazionali arrivando fino in Asia e in America Latina. Dal 1999 al 2007 mi sono occupato di storia e critica musicale sul quotidiano "Liberazione".