Home C'era una volta Duane Eddy, l’inventore del twangy

Duane Eddy, l’inventore del twangy

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Il 26 aprile 1938 nasce a Corning, New York, Duane Eddy, uno dei più dotati chitarristi degli anni Cinquanta, tra i pionieri del rock and roll strumentale di quel periodo.

Le prime esperienze con una corda sola

I suoi genitori sono poveri e non hanno tempo per il figlio. Passano infatti gran parte del loro tempo alla ricerca di lavoro. Il piccolo Duane allora si costruisce da solo la prima chitarra. In realtà è soltanto un legno con un’unica corda d’acciaio recuperata chissà dove, ma a un bambino può bastare. Nel 1951 la famiglia si trasferisce a Phoenix, in Arizona. Qui il ragazzo recupera una vera chitarra e impara da solo a suonarla. La tecnica non è proprio ortodossa, ma nel complesso il risultato è passabile. Il primo a pensare di utilizzarlo per le registrazioni di studio è Chet Atkins, ma successivamente la sua popolarità si allarga al punto che anche il grande talent-scout Lee Hazlewood gli chiede di lavorare con lui. In breve tempo tutti i musicisti conoscono il “twangy”, quella strana tecnica di suonare la chitarra, inventata da Duane, che prevede l’impiego della sola corda bassa, invece delle altre cinque, per la melodia.

I Rebels

La sua attività non si ferma solo agli studi di registrazione. Ben sostenuto dal proprio gruppo, i Rebels, di cui fanno parte Al Casey, Larry Knechtel (il futuro componente dei Bread) e Steve Douglas, centra nel 1958 con Rebel rouser il primo di una lunga serie di successi di rock and roll strumentale. Anche il cinema si accorge di lui e lo chiama a interpretare “Because they’re young”, una pellicola che consolida la sua popolarità tra i giovani. All’inizio degli anni Sessanta, però, la sua carriera entra in una fase difficile. Nel 1961 litiga con Hazlewood che decide di non occuparsi più di lui. Privo della astuta e geniale guida del produttore che l’ha scoperto, Duane pubblica una lunga serie di canzoni da dimenticare. Quando, superate le incomprensioni, Hazlewood torna con lui i tempi sono ormai cambiati. L’esplosione del beat inglese che spazza via e travolge tutti i vecchi templi del rock and roll sembra chiudere per sempre la sua avventura musicale, ma non sarà così. Dopo un lungo periodo passato negli stanchi circuiti del revival, il carisma di questo vecchio pioniere del rock strumentale tornerà ad affascinare le giovani generazioni in un periodo ricco di contraddizioni come gli anni Ottanta. Un tour nel 1983 e un nuovo album nel 1986 saluteranno il suo ritorno, mentre gli Art of Noise riproporranno una nuova e moderna versione del suo Peter Gunn, che tornerà nella classifica delle vendite a trent’anni dalla prima volta.

 

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Gianni Lucini
Scrivere è il mio principale mestiere, comunicare una specializzazione acquisita sul campo. Oltre che per comunicare scrivo anche per il teatro (tanto), il cinema e la TV. È difficile raccontare un'esperienza lunga una vita. Negli anni Settanta ho vissuto la mia prima solida esperienza giornalistica nel settimanale torinese "Nuovasocietà" e alla fine di quel decennio mi sono fatto le ossa nella difficile arte di addetto stampa in un campo complesso come quello degli eventi speciali e dei tour musicali. Ho collaborato con un'infinità di riviste, alcune le ho anche dirette e altre le dirigo ancora. Ho organizzato Uffici Stampa per eventi, manifestazioni e campagne. Ho formato decine di persone oggi impegnate con successo nel settore del giornalismo e della comunicazione. Ho scritto e sceneggiato spot e videogiochi. Come responsabile di campagne di immagine e di comunicazione ho operato anche al di fuori dei confini nazionali arrivando fino in Asia e in America Latina. Dal 1999 al 2007 mi sono occupato di storia e critica musicale sul quotidiano "Liberazione".