Home C'era una volta I cerchi olimpici sulle rovine di Londra

I cerchi olimpici sulle rovine di Londra

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Il 29 luglio 1948 iniziano i Giochi Olimpici di Londra. Per il comitato olimpico è la quattordicesima edizione perché si sceglie di contare anche una XII e una XIII Olimpiade che non hanno avuto luogo.

Sofferenza e resurrezione

Quando si deve scegliere la nazione deputata a ospitare la manifestazione, viene scartata la candidatura della neutrale e prospera Svizzera perché il mito olimpico, per rivivere, ha bisogno di un emblema di sofferenza e resurrezione. La Londra del 1948, con i suoi palazzi ancora sventrati è un simbolo più significativo delle verdi e quiete vallate elvetiche. Si ricomincia con quello che c’è, non si possono costruire nuovi impianti. Gli inglesi si arrangiano rattoppando Wembley e gli altri stadi, per gli sport acquatici può bastare il Tamigi e per il ciclismo ci si accontenta degli ampi viali del parco di Windsor. È un’Olimpiade povera ma dignitosa, come i tempi che le popolazioni dell’Europa stanno vivendo. I 4.311 atleti provenienti da cinquantanove nazioni sono ospitati in collegi, capannoni militari e camere di vecchi ospedali da guerra. Quasi a sottolineare l’aria di nuova fratellanza tra i popoli i concorrenti della nazioni con maggior disponibilità, dividono con gli atleti dei paesi meno fortunati le scorte alimentari. C’è, comunque, chi fa le cose in grande. La squadra statunitense arriva a Londra con una dispensa forte di cinquemila bistecche e quindicimila tavolette di cioccolato, mentre gli olandesi e i danesi possono contare su una mezzo milione di uova. Gli italiani sbarcano sulle coste britanniche con scorte di pasta, pomodoro e parmigiano, prodotti tipici di quella che ancora non viene chiamata “dieta mediterranea”.

Il pesce è gratis

Tutti, comunque, possono contare sulla collaborazione dei pescatori inglesi che distribuiscono gratis agli atleti, nei giorni delle Olimpiadi, più di duemila tonnellate di pesce. La cerimonia d’apertura si svolge nello stadio di Wembley davanti a ottantamila spettatori. Fa molto caldo, la temperatura tocca punte superiori ai 40 gradi centigradi, ma è un caso perché nei giorni successivi pioverà sempre. Nel cuore degli inglesi permangono le ruggini e le ferite di una guerra troppo recente per essere dimenticata e la delegazione italiana viene spesso bersagliata da fischi e varie manifestazioni di ostilità. Il tifo non è mai dalla nostra parte, qualunque sia l’avversario. Tra le nazioni sconfitte, a differenza di Germania e Giappone, che sono state escluse dalle competizioni, l’Italia può partecipare per decisione di Winston Churchill, il quale è convinto che il nostro paese abbia già pagato a sufficienza i propri errori. Quando il re Giorgio VI apre i Giochi si librano nel cielo settemila colombe mentre un coro intona Non nobis Domine, un inno il cui testo porta la firma di Rudyard Kipling, l’autore de “Il libro della jungla”. Il giuramento olimpico viene pronunciato da un eroe di guerra, Donald Finley, quarantenne ostacolista e colonnello della RAF. L’Italia ha investito settantasei milioni di lire in una spedizione che comprende centottantotto uomini, diciannove donne e ottantotto dirigenti. Il nostro bottino finale sarà di otto medaglie d’oro, undici d’argento e sette di bronzo.

 

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Gianni Lucini
Scrivere è il mio principale mestiere, comunicare una specializzazione acquisita sul campo. Oltre che per comunicare scrivo anche per il teatro (tanto), il cinema e la TV. È difficile raccontare un'esperienza lunga una vita. Negli anni Settanta ho vissuto la mia prima solida esperienza giornalistica nel settimanale torinese "Nuovasocietà" e alla fine di quel decennio mi sono fatto le ossa nella difficile arte di addetto stampa in un campo complesso come quello degli eventi speciali e dei tour musicali. Ho collaborato con un'infinità di riviste, alcune le ho anche dirette e altre le dirigo ancora. Ho organizzato Uffici Stampa per eventi, manifestazioni e campagne. Ho formato decine di persone oggi impegnate con successo nel settore del giornalismo e della comunicazione. Ho scritto e sceneggiato spot e videogiochi. Come responsabile di campagne di immagine e di comunicazione ho operato anche al di fuori dei confini nazionali arrivando fino in Asia e in America Latina. Dal 1999 al 2007 mi sono occupato di storia e critica musicale sul quotidiano "Liberazione".