Home C'era una volta Per i censori italiani “Je t’aime, moi non plus” è oscena

Per i censori italiani “Je t’aime, moi non plus” è oscena

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Il 15 agosto 1969 la commissione di censura italiana decide di escludere la canzone Je t’aime, moi non plus interpretata da Serge Gainsbourg e Jane Birkin dalla lista dei brani che vengono diffusi nel corso della “Hit Parade” radiofonica presentata da Lelio Luttazzi. La ragione è una sola: quel brano è considerato osceno. Per il solerti censori, infatti, la canzone che racconta un amplesso con una delicata alternanza di sospiri e parole quasi sussurrate su un’ipnotica base melodica supera i limiti del cosiddetto “senso comune del pudore”.

Disposto anche il sequestro del disco

Per questa ragione un disco che va a ruba nei negozi italiani al punto da figurare tra i primi dieci della classifica di vendite viene ufficialmente ignorato dalla RAI. La decisione censoria sorprende un po’ tutti in un’epoca caratterizzata da una forte spinta progressista e innovatrice sul piano dei diritti, del costume e anche delle conquiste sociali. Se sono immaginabili e, in qualche modo, prevedibili le polemiche e le proteste di gran parte del mondo della cultura e dello spettacolo decisamente inaspettato appare l’intervento della magistratura ordinaria che, sollecitata da una serie di esposti di bigotti e benpensanti, poche settimane dopo la decisione della censura RAI dispone il sequestro del disco su tutto il territorio italiano. La persecuzione tardiva finisce però per dimostrarsi inefficace e oltre a contribuire ancor di più alla diffusione della canzone, fa conoscere anche nel nostro paese un personaggio geniale e intraprendente come Serge Gainsbourg che ha composto Je t’aime, moi non plus in un periodo particolare della sua vita artistica. L’artista francese infatti dopo la morte del suo grande amico e primo pigmalione Boris Vian ha da poco iniziato a percorrere strade nuove prima attingendo alle ritmiche percussive africane mentre in tutto il mondo il beat vive il suo momento di maggior splendore e poi aprendosi alle tentazioni della psichedelìa.

Inizialmente era stato scritto per la Bardot

Considerato un anticipatore delle innovazioni che caratterizzeranno il pop più impegnato degli anni Settanta il buon Serge rischia però di essere travolto dall’inaspettato e straordinario successo commerciale di Je t’aime, moi non plus, un brano nato come un divertimento musicale ricco di allusioni sessuali che lo fa entrare nella storia del costume. Il titolo, contrariamente alle traduzioni italiane un po’ forzate che si possono reperire qua e là in rete non significa «Ti amo, io di più» ma «Ti amo, io neanche un po’». L’equivoco nasce forse dalla sua versione italiana realizzata da Giorgio Albertazzi e Anna Proclemer che è intitolata proprio Io ti amo… e io di più. Lo stesso Gainsbourg, interpellato sull’argomento, ha rivelato che la frase, ispirata a una nota battuta di Picasso nasce dal fatto che lui si è sempre sentito troppo timido per rispondere con un semplice ma impegnativo «anch’io» a un «ti amo». Il testo ha un andamento altalenante che ricorda i movimenti dell’amplesso e si snoda sinuoso su una melodia ipnotica. Anche la storia della canzone è particolare. Gainsbourg la pensa e la scrive per Brigitte Bardot con la quale ne registra anche la prima versione. Pochi giorni prima di dare alle stampe il disco, però, l’attrice, considerata in quel periodo uno dei più importanti simboli dell’anticonformismo e della liberazione sessuale, viene presa da scrupoli inaspettati e si tira indietro. Gainsbourg, indispettito, decide di pubblicare ugualmente il disco sostituendo la Bardot con la sua compagna Jane Birkin. La canzone ispirerà poi anche un film dal titolo omonimo che lo stesso Gainsbourg dirige nel 1975.

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Gianni Lucini
Scrivere è il mio principale mestiere, comunicare una specializzazione acquisita sul campo. Oltre che per comunicare scrivo anche per il teatro (tanto), il cinema e la TV. È difficile raccontare un'esperienza lunga una vita. Negli anni Settanta ho vissuto la mia prima solida esperienza giornalistica nel settimanale torinese "Nuovasocietà" e alla fine di quel decennio mi sono fatto le ossa nella difficile arte di addetto stampa in un campo complesso come quello degli eventi speciali e dei tour musicali. Ho collaborato con un'infinità di riviste, alcune le ho anche dirette e altre le dirigo ancora. Ho organizzato Uffici Stampa per eventi, manifestazioni e campagne. Ho formato decine di persone oggi impegnate con successo nel settore del giornalismo e della comunicazione. Ho scritto e sceneggiato spot e videogiochi. Come responsabile di campagne di immagine e di comunicazione ho operato anche al di fuori dei confini nazionali arrivando fino in Asia e in America Latina. Dal 1999 al 2007 mi sono occupato di storia e critica musicale sul quotidiano "Liberazione".