Home C'era una volta Quando i Sex Pistols tornarono per soldi

Quando i Sex Pistols tornarono per soldi

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Il 25 maggio 2002 i Sex Pistols tornano sulle scene. Lo fanno per soldi, soltanto per un ricco gruzzolo di sonanti sterline.

Ripuliti e pronti alla normalità

All’inizio di febbraio, quando le prime voci della possibile reunion avevano cominciato a circolare con insistenza, in molti speravano in una boutade destinata a concludersi in nulla dopo il sonoro “no” di almeno uno dei componenti della band. In realtà la notizia viene invece confermata nel modo peggiore. L’occasione del “Giubileo della Regina”, con la sua corte dei miracoli nutritissima di dinosauri del rock, ingloba così anche la storica punk band formata da John Lydon (alias Johnny Rotten), Steve Jones, Glen Matlok e Paul Cook. Alla riunione del gruppo, la seconda dopo quella, già per molti versi imbarazzante, del 1996, l’universo mediatico britannico, e non solo, assegna addirittura un ruolo di primo piano nella costruzione di un evento partito stancamente e proseguito con notevole fatica. Scandita da una pianificazione perfetta la macchina si è messa in moto. Il 27 maggio viene distribuito in tutti i negozi, per l’ennesima volta, il singolo della loro storica e devastante versione di God save the Queen, trasformata negli anni in un reperto patetico di una band incapace di interpretare con dignità il proprio mito. Attorno agli ex ragazzi terribili si sta muovendo, infatti, l’infernale macchina mediatica che cerca di costruire vari motivi destinati a caricare d’interesse il Giubileo della Regina britannica. Ripuliti dalla polvere i simboli di un’antica ribellione generazionale vengono così utilizzati come una sorta di contorno cromatico nelle celebrazioni ufficiali.

Noi anarchici? Uno scherzo!

C’erano una volta quattro ragazzi anarchici e irriverenti, capaci di ridicolizzare l’intera industria discografica britannica e di portare a termine “la più grande truffa del rock’n’roll”, ma nel 2002 non ci sono più, anzi forse non sono mai esistiti. Ogni dubbio sugli obiettivi dell’inutile reunion è stato dissolto dalle dichiarazioni dello stesso Rotten, rilanciate con grande enfasi dai giornali conservatori del Regno Unito. Noi anarchici, noi irriverenti? Tutto uno scherzo, anzi una “grande truffa”. Erano altri tempi, eravamo giovani e spensierati… «È il nostro giubileo questo e io sono qui per ricordarvi cosa vuol dire essere britannici, questo é il nostro paese …», «Io mi occupo soltanto di incassare i soldi per i diritti d’autore, il resto non m’interessa…» e, come se non bastasse, «L’Union Jack è la nostra bandiera…». Parole pesanti, quelle di Rotten, vere e proprie pugnalate al cuore per chi ha creduto nella fiammata del punk, ma non finiscono qui. Alla sua sottile campagna demolitoria non poteva sfuggire la politica. Rinunciando anche all’uso intelligente dell’ironia e dello sberleffo lui, che vive stabilmente a Los Angeles si chiede cosa sia successo in Gran Bretagna e come mai la gente non abbia votato per i conservatori. Anzi, va più in là, dichiarando che «… il socialismo è una barzelletta». Decisamente non poteva fare di più per conquistarsi la fiducia del grande circo mediatico del Giubileo.

 

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Gianni Lucini
Scrivere è il mio principale mestiere, comunicare una specializzazione acquisita sul campo. Oltre che per comunicare scrivo anche per il teatro (tanto), il cinema e la TV. È difficile raccontare un'esperienza lunga una vita. Negli anni Settanta ho vissuto la mia prima solida esperienza giornalistica nel settimanale torinese "Nuovasocietà" e alla fine di quel decennio mi sono fatto le ossa nella difficile arte di addetto stampa in un campo complesso come quello degli eventi speciali e dei tour musicali. Ho collaborato con un'infinità di riviste, alcune le ho anche dirette e altre le dirigo ancora. Ho organizzato Uffici Stampa per eventi, manifestazioni e campagne. Ho formato decine di persone oggi impegnate con successo nel settore del giornalismo e della comunicazione. Ho scritto e sceneggiato spot e videogiochi. Come responsabile di campagne di immagine e di comunicazione ho operato anche al di fuori dei confini nazionali arrivando fino in Asia e in America Latina. Dal 1999 al 2007 mi sono occupato di storia e critica musicale sul quotidiano "Liberazione".