Il Primo Maggio del 2000 viene spostato per non disturbare il Giubileo da Piazza San Giovanni a Tor Vergata.Nel millennio che si apre i conflitti sembrano non avere più diritto d’esistenza. Quando non si può cancellarli li si nasconde sotto il tappeto, come si fa con la polvere nei salotti buoni.
Il concerto dei buoni sentimenti
Il concerto dei “buoni sentimenti” del Primo Maggio a Tor Vergata corre e si alimenta sul filo della sottile eccitazione data, oltre che dai cantanti e dai musicisti, dalla ridda di annunci sulla presenza/non presenza di Woitila. Il Papa, “l’uomo in bianco” che abbracciava Pinochet “al di là della barricata” in “Santiago” dei Litfiba, ora benedice la giubilare riconciliazione. Niente è lasciato al caso. La preparazione è stata accurata e minuziosa, frutto di un perfetto raccordo tra gli uffici stampa delle case discografiche, il management degli artisti e l’apparato dei media. Anticipazioni, mezze notizie, vecchie polemiche di cui nessuno si ricordava più: con la complice simpatia dei mezzi di comunicazione e la colpevole arrendevolezza dei vertici sindacali, l’evento ha preso corpo. Il Primo Maggio è diventato un elemento confuso sullo sfondo e il concerto ha iniziato a vivere di vita propria. In ballo non c’è l’universalità ecumenica della musica, la sua capacità di parlare alle coscienze, ma un colossale affare economico che va ben al di là del music business. C’è il lancio in grande stile di quel Giubileo che sul piano economico non sta producendo le entrate previste.
Soldi, tanti soldi
Basta dare un’occhiata agli artisti e ai generi che sfileranno sul palco di Tor Vergata per capire che attraverso il concerto del Primo Maggio si intende lanciare un formidabile messaggio promozionale in tutto il mondo, un lungo, colorato, spot sonoro capace di ridare slancio al business giubilare. Soldi, dunque, tanti soldi in nome della fratellanza universale e, magari, della remissione del debito ai paesi poveri. Soldi veri che arriveranno dai diritti televisivi e soldi probabili dal rilancio del gigantesco indotto costruito intorno al Giubileo del Duemila. Le multinazionali della musica fanno da sponsor interessato all’operazione. Ci vorrebbe lo scomparso Ivan Graziani con il suo grido disperato «Tutto questo cosa c’entra con il rock & roll?» per interpretare i sentimenti di chi assiste impotente a un evento che riesce nello stesso momento a cancellare l’essenza del Primo Maggio, del rock e dei grandi concerti. Una lezione, comunque emerge per tutti. Non possiamo delegare alla musica un progetto di trasformazione della società, tantomeno ad artisti che, come direbbe Rino Gaetano «Partono tutti incendiari e fieri, ma quando arrivano sono tutti pompieri». Il tempo in quattro quarti del rock and roll ci può accompagnare, dare forza, consolare, ma «It’s only rock and roll», è solo rock and roll. Nient’altro. Non può cambiare il mondo. Quello è un impegno che ci dobbiamo assumere direttamente e in prima persona, senza deleghe e scorciatoie, soprattutto in una giornata come il Primo Maggio.