Home C'era una volta Teddy Hill, il sassofonista che scoprì Gillespie

Teddy Hill, il sassofonista che scoprì Gillespie

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Il 7 dicembre 1909 a Birmingham in Alabama nasce il sassofonista e direttore d’orchestra Teddy Hill. Registrato all’anagrafe con il nome di Theodore Hill incontra giovanissimo il jazz quando, nell’orchestra della sua scuola suona la batteria.

Talento e facilità d’apprendimento

Quando cresce e cambia scuola cambia anche strumento passando alla tromba. Proprio nell’ambiente scolastico, racconta, sarebbe stato indirizzato allo studio del clarinetto e dei sassofoni. Il ragazzo ha talento e facilità d’apprendimento. Nel 1926, a soli diciassette anni ottiene in suo primo ingaggio nello spettacolo delle Whithman’s Sisters con le quali resta per un’intera stagione. Suona poi con  George Howe e quindi con Frank Bunch and his Fuzzy Wizzies con i quali incide il 20 agosto 1927 quattro brani per la Gennett suonando sax tenore e clarinetto. Nel 1928 si trasferisce a New York per suonare al Nest Club dove incontra Luis Russell che lo scrittura per la sua orchestra, una delle più celebri degli anni Trenta, con la quale rimane fino al 1931 incidendo una ventina di brani. Nel 1934 Hill forma una propria grande orchestra la cui formazione annovera alle trombe Bill Dillard, Roy Eldridge e Bill Coleman, al trombone Dick Wells, alle ance Russel Procope, Howard Johnson, Chu Berry, al piano Sam Allen, alla chitarra John Smith, al basso Richard Fullbright e alla batteria Bill Beason.

L’ingaggio di Dizzy

Nel 1937 scrittura Dizzy Gillespie che “ruba” il posto a Roy Eldridge. L’arrivo di Gillespie porta un po’ di scompiglio perché il buon Dizzy è ambizioso e pronto a infrangere le regole pur di attirare l’attenzione su di sé, ma Hill sopporta pazientemente, anche perché convinto che quel ragazzo abbia la stoffa del grandissimo solista. Tra i due nasce un’amicizia solida e destinata a durare nel tempo. All’inizio degli anni Quaranta, dopo aver sciolto orchestra per difficoltà finanziarie, Teddy Hill diventa direttore d’un club ricavato nel Cecil Hotel di Harlem che lui, accettando i consigli di Milt Hinton, trasforma in uno dei locali più importanti della storia del jazz: la Minton’s Playhouse. È proprio Hill ad avere l’idea di organizzare il lunedì sera delle cene per gli artisti che si esibiscono al vicino Apollo che si trasformano in interminabili jam sessions che durano fino all’alba. Per diversi anni Hill continua a fare il maestro di cerimonia nel locale soffiando solo saltuariamente nel clarinetto o nel sax. Oggi gli viene riconosciuto un talento quasi innato nel saper sfruttare al meglio le qualità dei musicisti che aveva in formazione valorizzandoli al massimo e trovando il modo di mettere in risalto le loro migliori qualità. Senza di lui probabilmente il ventenne Gillespie avrebbe avuto una storia diversa e forse non avrebbe trovato lo spazio necessario per emergere. Ripettato e amato da tutto l’ambiente del jazz Teddy Hill muore il 19 maggio 1978 a Cleveland, nell’Ohio.

 

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Gianni Lucini
Scrivere è il mio principale mestiere, comunicare una specializzazione acquisita sul campo. Oltre che per comunicare scrivo anche per il teatro (tanto), il cinema e la TV. È difficile raccontare un'esperienza lunga una vita. Negli anni Settanta ho vissuto la mia prima solida esperienza giornalistica nel settimanale torinese "Nuovasocietà" e alla fine di quel decennio mi sono fatto le ossa nella difficile arte di addetto stampa in un campo complesso come quello degli eventi speciali e dei tour musicali. Ho collaborato con un'infinità di riviste, alcune le ho anche dirette e altre le dirigo ancora. Ho organizzato Uffici Stampa per eventi, manifestazioni e campagne. Ho formato decine di persone oggi impegnate con successo nel settore del giornalismo e della comunicazione. Ho scritto e sceneggiato spot e videogiochi. Come responsabile di campagne di immagine e di comunicazione ho operato anche al di fuori dei confini nazionali arrivando fino in Asia e in America Latina. Dal 1999 al 2007 mi sono occupato di storia e critica musicale sul quotidiano "Liberazione".