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Un racconto ispirato ai Mamavegas

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“È brutto tempo. Sono uno dei pochi del villaggio che si è alzato comunque presto ed è sceso a fare colazione. Sembra che la gente viva in funzione del sole”. Comincia così il racconto di Marco Zarfati ispirato al video di Mamavegas – Mean and Proud. Di seguito lo riportiamo integralmente per i lettori di Daily Green.

Il racconto di Zarfati sui Mamavegas

È brutto tempo. Sono uno dei pochi del villaggio che si è alzato comunque presto ed è sceso a fare colazione. Sembra che la gente viva in funzione del sole.

Sarebbe curioso vedere dall’alto quanto incida una perturbazione sull’attività della popolazione. Me lo immagino come il gioco della sedia: finché c’è musica tutti si muovono. Quando la staccano, tutti seduti. Tranne il povero malcapitato, che in questo caso sarei io. Penso a Veronica. L’ho anche sognata la notte scorsa.

Non è stato un bene venire nel villaggio costruito dove abitavamo da bambini, ma Francesca, mia moglie, ha insistito tanto. Come se potesse sentire qualcosa di mio qui. Ma non c’è più niente di mio qui. Di certo la natura incontaminata che attraversavo quando andavo in bici con Vero’ è solo un ricordo lontano ormai. È rimasto soltanto il canale. Con intorno resort.

Di dubbio gusto poi. Sarà che non concepisco simili ritrovi in cui la gente compra una settimana di finto benessere costruito a tavolino, ma non mi piacciono nemmeno esteticamente. Non li trovo rilassanti, anche nelle forme. Se Veronica sapesse che sono qui non approverebbe. Eppure morirei dalla voglia di dirglielo. Sono anni che non ci sentiamo. Questo però potrebbe essere classificato come evento incredibile da dover comunicare per forza. Forse. O forse è solo una scusa. Non lo so più nemmeno io. Non ho ancora capito se il nostro distacco, le nostre assenze, siano effettivamente funzionali oppure no.

Certo se ripenso ai suoi occhi di ghiaccio mentre mi dice che non mi ama mi torna di nuovo la voglia di farla finita. Eppure ora sarebbe più facile ritrovarsi: nuove condizioni economiche, sociali, nuove possibilità. Anche se ci sono delle persone di mezzo. Ma cosa sto pensando? Io sono felice così, con Francesca, a Parma. È solo essere qui che mi sta confondendo.

“Posso portarle qualcosa da bere?” interrompe i miei pensieri una cameriera. “No grazie”. In realtà vorrei un thé, anche viste le condizioni del tempo, ma sono irrequieto, voglio alzarmi. Fuori dalla vetrata il mare si dimena. Si oppone come può a questa struttura. Vorrebbe restare puro. Anche il vento lo aiuta. Prima o poi vinceranno.

Li raggiungo, il vento e il mare. Sono dalla loro parte e li voglio aiutare in qualche modo. Ma che posso fare? Di certo non posso mettermi a spaccare gli oggetti al posto loro. Rimango qualche secondo ad osservare questo spettacolo della natura che impazza contro la mano dell’uomo finché non mi diventa perfettamente chiaro quello che devo fare: andarmene. Così non ostacolerò il vento facendogli sprecare la sua energia per soffiare addosso a me. Ma gli farò colpire quello che vuole. Anzi devo lasciare proprio il villaggio, senza alimentarlo con la mia presenza fruitrice. Sì. Farò così. Ora vado in camera e lo dico a Francesca. Capirà, in fondo mi ama. E poi è brutto tempo.

di Marco Zarfati