Home C'era una volta La Cadillac, storia, tradizione e un pizzico d’aristocrazia

La Cadillac, storia, tradizione e un pizzico d’aristocrazia

SHARE

Il 22 agosto 1902 a Detroit nasce la Cadillac. Il suo nome è un omaggio ad Antonie de la Mothe Cadillac, l’avventuroso aristocratico francese cui si fa risalire la fondazione di quella che sarebbe diventata la “Città dei motori”. Fu lui, infatti, in qualità di ufficiale dell’esercito francese a decidere nel 1701 la nascita sulla riva occidentale del Lago Erie di un insediamento chiamato Ville d’Etroit (città dello stretto) che, sviluppandosi, diventerà l’attuale Detroit. Storia, tradizione e un pizzico d’aristocrazia sono, dunque, già presenti fin dalla scelta del nome della società.

L’emblema del lusso nasce dall’intuizione di un operaio

L’emblema del lusso nasce paradossalmente dall’intuizione di un operaio di nome Henry Martyn Leland. È lui a convincere i dirigenti della Detroit Automobile Company a fondare la Cadillac e sarà poi lui un paio d’anni dopo a guidare la baracca con polso fermo insieme al figlio Wilfred fino al 1922. La prima auto col marchio Cadillac è il modello A, una vettura a due posti azionata da un motore monocilindrico da 10 cv che esce per la prima volta dai cancelli della fabbrica nel mese di settembre del 1902, solo un mese dopo la costituzione ufficiale della società. La filosofia dell’azienda è, fin dall’inizio rivolta a fornire a una clientela esigente e sofisticata vetture in grado di coniugare eleganza delle forme, comodità e innovazione tecnologica. In quest’ultimo campo molte sono le scelte che hanno fatto epoca e hanno contribuito a modificare la storia e gli standard dell’automobilismo come l’avviamento elettrico introdotto nel 1912 o il primo motore V8 prodotto in serie nel 1915. Il gusto della sfida e la spinta a un costante miglioramento caratterizzano Cadillac anche sul piano dell’estetica e della qualità dei materiali. Nel 1927, per esempio, la Cadillac LaSalle è stata la prima automobile statunitense disegnata da uno stilista: Harley Earl. A lui si devono le famose pinne posteriori, ispirate alla forma degli aeroplani.

Arrivano le pinne posteriori

La prima Cadillac “con le pinne posteriori” è la Sixty Special del 1948 segnando l’inizio di un lungo periodo nella quale questa particolare soluzione estetica caratterizzava quasi tutte le vetture del marchio. Per una ventina d’anni, infatti, questo particolare stilistico accompagna l’evoluzione dei modelli della casa di Detroit. Le “pinne” più alte sono quelle in dotazione alla gamma di modelli del 1959 che toccano l’altezza record di 97 cm. Sempre negli anni Cinquanta le carrozzerie delle Cadillac presentano anche un’altra particolarità nelle particolari ed evidenti sporgenze che caratterizzano i paraurti anteriori, chiamate Dagmar in omaggio al seno prosperoso di una star televisiva dell’epoca. Oggi, la filosofia non è cambiata, anche se le soluzioni estetiche più che sulle forme evocative puntano su profili molto marcati in ossequio all’evoluzione del concetto di eleganza. Dal 1909 il marchio Cadillac fa parte del gruppo General Motors, ma la fine dell’indipendenza societaria non ha mai comportato limitazioni alle scelte produttive, da sempre fedeli allo spirito originario. La casa ha festeggiato già nel lontano 1949, per la precisione il 25 novembre, la milionesima vettura prodotta, una Coupé de Ville e dopo nove anni, anche grazie al boom economico degli anni Cinquanta, poteva tagliare il traguardo dei due milioni. Nel duemila il numero delle vetture Cadillac vendute nei soli Stati Uniti superava già gli undici milioni.

Previous articleL’ultimo western italiano prima di Leone
Next articleC’è un Reynolds di troppo in quel nome!
Gianni Lucini
Scrivere è il mio principale mestiere, comunicare una specializzazione acquisita sul campo. Oltre che per comunicare scrivo anche per il teatro (tanto), il cinema e la TV. È difficile raccontare un'esperienza lunga una vita. Negli anni Settanta ho vissuto la mia prima solida esperienza giornalistica nel settimanale torinese "Nuovasocietà" e alla fine di quel decennio mi sono fatto le ossa nella difficile arte di addetto stampa in un campo complesso come quello degli eventi speciali e dei tour musicali. Ho collaborato con un'infinità di riviste, alcune le ho anche dirette e altre le dirigo ancora. Ho organizzato Uffici Stampa per eventi, manifestazioni e campagne. Ho formato decine di persone oggi impegnate con successo nel settore del giornalismo e della comunicazione. Ho scritto e sceneggiato spot e videogiochi. Come responsabile di campagne di immagine e di comunicazione ho operato anche al di fuori dei confini nazionali arrivando fino in Asia e in America Latina. Dal 1999 al 2007 mi sono occupato di storia e critica musicale sul quotidiano "Liberazione".