Home C'era una volta Tu sei l’unica donna per me

Tu sei l’unica donna per me

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Il 7 luglio 1979 arriva al vertice della classifica italiana dei dischi più venduti il brano Tu sei l’unica donna per me. Lo interpreta Alan Sorrenti, un cantautore considerato fino a un paio d’anni prima uno dei pochi solisti italiani in grado di cimentarsi senza sfigurare sul terreno del rock progressivo.

La svolta dance di Alan

Al suo attivo ci sono lavori sperimentali e un paio d’album di buon livello come Aria e Come un vecchio incensiere all’alba di un villaggio deserto. Da un anno, però, lo sperimentalismo non fa più per lui. Il successo di Tu sei l’unica donna per me ne consolida la svolta commerciale, iniziata nel 1978 prima con la rivisitazione di Dicitencello vuie e poi con un altro campione di vendite come Figli delle stelle. Gran parte della critica, che l’ha seguito con simpatia nella fase più impegnata e sperimentale della sua carriera, snobba la svolta dance di Alan Sorrenti, ironizzando sulla sua nuova immagine e sulla banalità di un’impronta musicale sostenuta da un largo uso di falsetti in stile Bee Gees. «Una gran voce sprecata» scrivono alcuni giornali specializzati. Lo stesso atteggiamento assumono i suoi ammiratori della prima ora che, delusi e traditi, gli voltano le spalle.

Un’operazione riuscita a metà

Il cantautore viene invece scoperto dal grande pubblico, quello che affolla le discoteche ed è affascinato dalla “febbre del sabato sera”. È questa sterminata platea che porta il suo brano al vertice delle classifiche di vendita dove resterà per ben tre mesi. Sull’onda del successo Alan Sorrenti e il suo produttore Corrado Bacchelli penseranno di poter conquistare anche il pubblico d’oltreoceano ripetendo, in piccolo, l’operazione riuscita all’australiano Robert Stigwood con i Bee Gees. Tra New York e Los Angeles verrà realizzata All day in love, la versione inglese di Tu sei l’unica donna per me, mentre l’immagine del cantante si americanizzerà al limite del ridicolo. L’operazione finirà per incepparsi tra eccessi di megalomania e qualche ingenuità.

 

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Gianni Lucini
Scrivere è il mio principale mestiere, comunicare una specializzazione acquisita sul campo. Oltre che per comunicare scrivo anche per il teatro (tanto), il cinema e la TV. È difficile raccontare un'esperienza lunga una vita. Negli anni Settanta ho vissuto la mia prima solida esperienza giornalistica nel settimanale torinese "Nuovasocietà" e alla fine di quel decennio mi sono fatto le ossa nella difficile arte di addetto stampa in un campo complesso come quello degli eventi speciali e dei tour musicali. Ho collaborato con un'infinità di riviste, alcune le ho anche dirette e altre le dirigo ancora. Ho organizzato Uffici Stampa per eventi, manifestazioni e campagne. Ho formato decine di persone oggi impegnate con successo nel settore del giornalismo e della comunicazione. Ho scritto e sceneggiato spot e videogiochi. Come responsabile di campagne di immagine e di comunicazione ho operato anche al di fuori dei confini nazionali arrivando fino in Asia e in America Latina. Dal 1999 al 2007 mi sono occupato di storia e critica musicale sul quotidiano "Liberazione".