Home C'era una volta Bob Dylan il più popolare cantautore del Novecento

Bob Dylan il più popolare cantautore del Novecento

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Il 24 maggio 1941 a Duluth, nel Minnesota nasce Bob Dylan, il più popolare cantautore del Novecento.

L’immortalità è acquisita

«Non vorrei essere Bach, Mozart, Tolstoj, Joe Hill, Gertrude Stein o James Dean. Sono tutti morti, i grandi libri sono stati scritti, i grandi detti sono stati pronunciati». È risaputo che il rapporto di Robert Zimmerman, in arte Bob Dylan, con la popolarità è sempre stato un po’ contraddittorio quando non decisamente problematico. Se l’immortalità artistica nasce dalle opere e non dall’immagine o dal personaggio, per Bob Dylan la dimensione temporale non esiste più. L’immortalità è già un fatto acquisito nonostante i suoi ricorrenti e conclamati tentativi di non restare prigioniero dei suoi lavori. Figlio di Abraham Zimmerman e Beatty Stonea sei anni si trasferisce con la famiglia a Hibbing, una cittadina mineraria non lontana dalla frontiera canadese. Fin da ragazzo coltiva la passione per la musica e molto presto inizia a suonare pianoforte e chitarra. Dopo il diploma se ne va a Minneapolis per frequentare l’Università. Qui inizia a esibirsi in pubblico nei ritrovi culturali della New Left con il nome d’arte di Bob Dylan, in omaggio al poeta Dylan Thomas. Colpito dalla lettura di “Bound for glory”, l’autobiografia di Woody Guthrie, decide di ispirarsi a lui e di percorrere le strade del folk.

Il cantautore delle svolte

Trasferitosi a New York canta e suona nei locali del Greenwich Village e alla fine del 1961 ottiene il suo primo contratto discografico con la Columbia, per la quale pubblica l’anno dopo il suo primo album intitolato, semplicemente, Bob Dylan. Il successo arriva l’anno dopo con The Freewheelin’ Bob Dylan. Nel 1965, al Festival Folk di Newport, Dylan si presenta accompagnato da una band elettrica rompendo con i canoni della tradizione e provocando il risentimento dei puristi del folk. Incurante delle accuse di “tradimento” prosegue sulla sua strada sostenendo con la potenza di arrangiamenti sempre più rock brani di grande intensità poetica e musicale. Il pubblico non la prende bene e la sua popolarità sembra incrinarsi, ma è un fenomeno passeggero. È difficile pensare agli anni Sessanta e Settanta senza le parole scritte da Dylan, senza quella sua poetica che mescola i poeti simbolisti dell’Ottocento, il talkin’ blues di Woody Guthrie e il linguaggio frantumato ed essenziale della pubblicità. Dylan più di altri è riuscito nel difficile compito di rivoluzionare il linguaggio della canzone popolare attingendo a materiali più disparati. La sua grandezza artistica non è oscurata neppure dalla contraddittoria e per molti aspetti sconcertante personalità. Ogni volta che la critica ha alzato il tiro considerandolo arrivato al capolinea della sua creatività, quello che qualcuno ha definito “il cantautore delle svolte” (la svolta elettrica, la svolta country, la svolta mistica e via svoltando…), sorprende tutti tornando a vestire i panni dell’unico personaggio che gli riesce meglio: se stesso.

 

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Gianni Lucini
Scrivere è il mio principale mestiere, comunicare una specializzazione acquisita sul campo. Oltre che per comunicare scrivo anche per il teatro (tanto), il cinema e la TV. È difficile raccontare un'esperienza lunga una vita. Negli anni Settanta ho vissuto la mia prima solida esperienza giornalistica nel settimanale torinese "Nuovasocietà" e alla fine di quel decennio mi sono fatto le ossa nella difficile arte di addetto stampa in un campo complesso come quello degli eventi speciali e dei tour musicali. Ho collaborato con un'infinità di riviste, alcune le ho anche dirette e altre le dirigo ancora. Ho organizzato Uffici Stampa per eventi, manifestazioni e campagne. Ho formato decine di persone oggi impegnate con successo nel settore del giornalismo e della comunicazione. Ho scritto e sceneggiato spot e videogiochi. Come responsabile di campagne di immagine e di comunicazione ho operato anche al di fuori dei confini nazionali arrivando fino in Asia e in America Latina. Dal 1999 al 2007 mi sono occupato di storia e critica musicale sul quotidiano "Liberazione".