Home C'era una volta Doc Evans, cornettista per amore e per necessità

Doc Evans, cornettista per amore e per necessità

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Il 10 gennaio 1977 muore a Minneapolis, nel Minnesota il cornettista Doc Evans. Nato il 20 giugno 1907 a Spring Valley, sempre nel Minnesota, viene registrato all’anagrafe con il nome di Paul Wesley Evans.

Una scelta casuale

Quando muove i primi passi nella musica non ha assolutamente intenzione di diventare cornettista. I suoi interessi spaziano dal sassofono al violino al pianoforte e alla batteria. Alla cornetta arriva quasi per caso nel 1929 quando scopre che è l’unico strumento rimasto scoperto nella banda del Carleton College e, quindi, è una sorta di passaporto per potersi esibire con quel gruppo. La suona, gli piace e a partire dal 1931 abbandona definitivamente tutti gli altri strumenti per specializzarsi in questo strumento scegliendo come modello è Bix Beiderbecke. Nei primi anni Trenta si trasferisce a Minneapolis e la sua attività musicale è circoscritta a vari gruppi che si esibiscono in città. Non pensa che la musica possa rappresentare un’occupazione vera e per vivere fa vari mestieri compreso l’insegnante e l’allevatore di cani.

Il ritorno in scena

Torna sui suoi passi nel 1939 quando suona con Red Dougherty e decide di dedicarsi alla musica a tempo pieno. Poco tempo dopo è a New York alla testa di un’ottima jazz band comprendente Ed Hubble, Tony Parenti, Joe Sullivan e George Wettling con la qua1e suona in vari locali della 52a strada. Nel 1947 suona a Minneapolis insieme a Bunk Johnson e verso la fine degli anni Quaranta si trasferisce a Chicago dove si esibisce in vari Club. In questo periodo registra anche lo splendido disco dal vivo al Jazz Limited pubblicato nel 1949 e nel quale è contornato da ottimi musicisti tra cui Muggsy Spanier, Miff Mole, Don Ewell e Bill Reinhardt. Negli anni Cinquanta torna a Minneapolis dove suona in vari locali con una propria jazz band. Gli anni successivi lo vedono dividersi tra la febbrile voglia di suonare e la tentazione di gestire club in proprio come il Rampart Street Club. Incide un’infinità di dischi e giganteggia nei piccoli e grandi festival degli States. La sua storia si chiude pochi mesi prima di compiere settant’anni quando il suo cuore si ferma per sempre.

 

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Gianni Lucini
Scrivere è il mio principale mestiere, comunicare una specializzazione acquisita sul campo. Oltre che per comunicare scrivo anche per il teatro (tanto), il cinema e la TV. È difficile raccontare un'esperienza lunga una vita. Negli anni Settanta ho vissuto la mia prima solida esperienza giornalistica nel settimanale torinese "Nuovasocietà" e alla fine di quel decennio mi sono fatto le ossa nella difficile arte di addetto stampa in un campo complesso come quello degli eventi speciali e dei tour musicali. Ho collaborato con un'infinità di riviste, alcune le ho anche dirette e altre le dirigo ancora. Ho organizzato Uffici Stampa per eventi, manifestazioni e campagne. Ho formato decine di persone oggi impegnate con successo nel settore del giornalismo e della comunicazione. Ho scritto e sceneggiato spot e videogiochi. Come responsabile di campagne di immagine e di comunicazione ho operato anche al di fuori dei confini nazionali arrivando fino in Asia e in America Latina. Dal 1999 al 2007 mi sono occupato di storia e critica musicale sul quotidiano "Liberazione".