Home C'era una volta Douglas Ewart, un polistrumentista tra suoni e poesia

Douglas Ewart, un polistrumentista tra suoni e poesia

SHARE

Il 13 settembre 1946 a Kingston, in Giamaica nasce il polistrumentista Douglas Ewart, uno dei personaggi più interessanti del jazz della seconda metà del Novecento.

Gli studi all’A.A.C.M.

All’età di diciassette anni lascia la Giamaica e si trasferisce a Chicago, negli Stati Uniti. Il suo interesse per la musica è superficiale e instabile. Soltanto quattro anni dopo decide di fare sul serio. . Frequenta così i corsi dello A.A.C.M. (Association for the Advancement of Creative Musicians) suonando inizialmente il sassofono contralto, sotto la guida di Muhal Richard Abrams, Anthony Braxton, Joseph Jarman e Roscoe Mitchell. Già in precedenza, però, si era distinto come inventore e costruttore di strumenti. In particolare aveva creato diversi tipi di flauti di bambù. Contemporaneamente ai corsi dell’A.A.C.M. studia armonia e composizione presso il Loop College e la Vandercook School of Music. Affascinato dal celebre sassofonista Eric Dolphy, si dedica al clarinetto basso. Lo fa a suo modo: ottiene effetti polifonici producendo più note contemporaneamente, sia combinando alcuni armonici, sia facendo uscire suoni parziali parallelamente alla emissione di una fondamentale bassa.

Creatore di affreschi di grande fascino

Ewart collabora con Richard Abrams, Chico Freeman, Anthony Braxton, Henry Threadgill e, soprattutto, George Lewis, con il quale suona dal 1971, partecipando alla realizzazione di varie incisioni. Lavora inoltre con il sassofonista Fred Anderson e organizza anche propri gruppi, non rinunciando a esibirsi anche in solo. Polistrumentista di innegabile senso poetico e dal lavoro contraddistinto da una delicata impostazione artigianale, Ewart oltre agli strumenti utilizza la voce, i silenzi, particolari intervalli e strutture timbriche per creare un affresco dotato di grande fascino, soprattutto nella accurata disposizione coloristica. È senz’altro uno dei più significativi esponenti della scuola chicagoana, capace di inserire il proprio operato in un quadro di vasta portata e dai molteplici riferimenti strutturali.

 

Previous articleFlorindo Rubbettino, editore “green”
Next articleNelle Ande Venezuelane
Gianni Lucini
Scrivere è il mio principale mestiere, comunicare una specializzazione acquisita sul campo. Oltre che per comunicare scrivo anche per il teatro (tanto), il cinema e la TV. È difficile raccontare un'esperienza lunga una vita. Negli anni Settanta ho vissuto la mia prima solida esperienza giornalistica nel settimanale torinese "Nuovasocietà" e alla fine di quel decennio mi sono fatto le ossa nella difficile arte di addetto stampa in un campo complesso come quello degli eventi speciali e dei tour musicali. Ho collaborato con un'infinità di riviste, alcune le ho anche dirette e altre le dirigo ancora. Ho organizzato Uffici Stampa per eventi, manifestazioni e campagne. Ho formato decine di persone oggi impegnate con successo nel settore del giornalismo e della comunicazione. Ho scritto e sceneggiato spot e videogiochi. Come responsabile di campagne di immagine e di comunicazione ho operato anche al di fuori dei confini nazionali arrivando fino in Asia e in America Latina. Dal 1999 al 2007 mi sono occupato di storia e critica musicale sul quotidiano "Liberazione".