Home C'era una volta Grady Tate, la batteria del soul jazz degli anni Sessanta

Grady Tate, la batteria del soul jazz degli anni Sessanta

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Il 14 gennaio 1932 nasce a Durham, nel North Carolina, il batterista, percussionista e qualche volta cantante Grady Tate.

La musica, una scelta tardiva

Grady canta in pubblico fin da bambino ma in quel periodo non sembra che la musica possa diventare il suo principale interesse. La sua passione sembra essere la letteratura. I genitori lo assecondano e lui completare gli studi letterari. Si dedica nuovamente alla musica quando viene chiamato sotto le armi, nel 1951, e trova modo di darsi da fare come cantante e batterista nell’orchestra militare. Quando viene congedato la musica è ormai devenuta il suo principale interesse. Trasferitosi nel 1958 a Washington viene scritturato come batterista da Wild Bill Davison che segue anche a New York e con il quale suona fino al 1962. In quell’anno passa dapprima nel gruppo di Jerome Richardson, poi nell’orchestra di Quincy Jones, con la quale si fa conoscere dal pubblico e soprattutto dai musicisti, che lo vogliono spesso come batterista per le loro registrazioni. Negli anni Settanta fa parte del New York Jazz Quartet e nel 1981 suona la batteria e le percussioni nel famoso concerto di Simon e Garfunkel a Central Park.

Un suono lucido e stratificato

La batteria di Grady Tate contribuisce a definire un particolare suono tra l’hard bop e il soul jazz e che caratterizza una larga parte della produzione musicale statunitense degli anni Sessanta e oltre. Il suo suono lucido, stratificato e intenso è immediatamente riconoscibile per il suo stile sobrio in cui integra le sue sottili sfumature distintive con un tempismo nitido. Tra i suoi dischi si contano collaborazioni con Jimmy Smith, Wes Montgomery, Stanley Turrentine, Donald Byrd, Kenny Burrell, Stan Getz, Aretha Franklin, J. J. Johnson, Oliver Nelson, Bill Evans, Billy Taylor, Peggy Lee e molti altri. Nel 1989 inizia anche a insegnare alla Howard University. Colpito dal morbo di Alzheimer si spegne progressivamente e muore l’8 ottobre 2017 all’età di 85 anni.

 

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Gianni Lucini
Scrivere è il mio principale mestiere, comunicare una specializzazione acquisita sul campo. Oltre che per comunicare scrivo anche per il teatro (tanto), il cinema e la TV. È difficile raccontare un'esperienza lunga una vita. Negli anni Settanta ho vissuto la mia prima solida esperienza giornalistica nel settimanale torinese "Nuovasocietà" e alla fine di quel decennio mi sono fatto le ossa nella difficile arte di addetto stampa in un campo complesso come quello degli eventi speciali e dei tour musicali. Ho collaborato con un'infinità di riviste, alcune le ho anche dirette e altre le dirigo ancora. Ho organizzato Uffici Stampa per eventi, manifestazioni e campagne. Ho formato decine di persone oggi impegnate con successo nel settore del giornalismo e della comunicazione. Ho scritto e sceneggiato spot e videogiochi. Come responsabile di campagne di immagine e di comunicazione ho operato anche al di fuori dei confini nazionali arrivando fino in Asia e in America Latina. Dal 1999 al 2007 mi sono occupato di storia e critica musicale sul quotidiano "Liberazione".