Home C'era una volta Guido Manusardi, il pianista giramondo

Guido Manusardi, il pianista giramondo

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Il 3 dicembre 1935 a Chiavenna, in provincia di Sondrio, nasce il pianista Guido Manusardi, uno dei jazzisti italiani più conosciuti a livello internazionale.

L’esperienza in Svezia e quella in Romania

Manusardi inizia a studiare il pianoforte fin da bambino con Luigia Ceradini e altri insegnanti. Nel 1953 fa il suo esordio in pubblico e pochi mesi dopo lascia l’Italia per esibirsi, in genere da solo in Svizzera, Germania. Olanda e Scandinavia. Nel 1960 si stabilisce in Svezia dove suona con i migliori musicisti di quel paese come Nisse Sandström, Jane Carlsson, Sture Nordin, Lennart Aborg, Rune Carlsson, Biorn Alke, Bosse Skoglund, Peter Island Ostland. All’inizio del 1966 partecipa (con Alke e Skoglund) all’XI festival internazionale jazzistico di Sanremo dove ottiene il primo riconoscimento italiano dei suoi meriti. Nel 1967 dopo essere rientrato in Italia per pochi mesi, decide di andarsene di nuovo diretto in Romania. Si stabilisce in quel paese suonando con i migliori musicisti locali ma soprattutto rielaborando molti temi del folclore rumeno come Song For Valv, Calusari Dance, Song Of The Cymbals, Suite n. 1, ecc. In Romania rimane per sette anni rientrando in Italia occasionalmente per registrazioni e concerti, come nel 1971 quando accompagna dapprima Joe Venuti ai festival di Pescara, Verona e Genova, poi partecipa a Sanremo al concerto in omaggio a Louis Armstrong accompagnando sia Roy Elridge che Bobby Hackett.

Il passaggio del secolo

Nel 1974, dopo aver partecipato al festival di Ploiesti, rientra definitivamente dalla Romania, ma non resta a lungo in Italia perché decide di ripartire di nuovo per la Svezia, su invito di quella federazione jazzistica. Qui incontra il bassista statunitense Red Mitchell col quale stringe una collaborazione e un’amicizia destinate a durare nel tempo. Il 1977 viene premiato con la maschera d’argento come migliore jazzista dell’anno. Instancabile attraversa la fine del Novecento e l’inizio del secolo successivo tra concerti, collaborazioni e incisioni destinate a lasciare un segno importante. Nel 2000 viene invitato dal direttore del MOCA, il Museo d’arte contemporanea di Los Angeles, a suonare con il famosissimo batterista Billy Higgins. Oggi è uno dei pochissimi artisti italiani inclusi dal critico statunitense Leonard Feather nella Jazz Encyclopedia.