Home C'era una volta Il Café Chantant per Sacco e Vanzetti

Il Café Chantant per Sacco e Vanzetti

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Il 27 maggio 1927 il duo Ambro’s – Ferraro compone la drammatica canzone Lettera a Sacco p’o figlio suoio dedicata alla vicenda sei due anarchici Sacco e Vanzetti.

L’impegno degli artisti

«Mai vivendo l’intera esistenza avremmo potuto sperare di fare così tanto per la tolleranza, la giustizia, la mutua comprensione fra gli uomini». Questa frase, rivolta da Bartolomeo Vanzetti alla giuria che lo condanna alla pena capitale fa il giro del mondo grazie agli artisti del Café Chantant. Gran parte degli esponenti più conosciuti della canzone napoletana degli anni Venti si mobilitano infatti per Sacco e Vanzetti, i due anarchici italiani condannati a morte innocenti. Lo fanno con coraggio e determinazione sia in Europa che al di là dell’oceano trasformando gli spettacoli delle loro tournée nordamericane in vere e proprie iniziative di solidarietà.

Un passaparola solidale

Come in una sorta di passaparola solidale le vedette del café chantant made in Napoli cantano brani come Mamma sfurtunata (‘A seggia elettrica) («…ma chella mamma s’accurgette subito/ca n’copp’a seggia elettrica ‘o figlio jeva a murì…) che porta la firma illustre di Ermete Giovanni Gaeta, meglio conosciuto con lo pseudonimo di E.A. Mario. Più ricca di implicazioni politiche è proprio Lettera a Sacco p’o figlio suio“, («…e mo chistu volo se spezzate/dimostra chi è nucente, tu me muore…») scritta dal duo Ambro’s-Ferraro e incisa anche su disco da Alfredo Bascetta. Dedicata a Sacco e Vanzetti è anche Lacreme ‘e cundannate, («… sta tutt’o munno sano arrevutato/pe’ Sacco e Vanzetti cundannate…») un brano che all’epoca del processo e della condanna a morte viene eseguito dalla bellissima “sciantosa e canzonettista” Gilda Mignonette nei suoi spettacoli. Nei giorni che precedono l’esecuzione Sica e Ferraro compongono E figlie ‘e nisciune mentre quando tutto è finito Imella e Bascetta firmano Core nun chiagnere, una melodia malinconica che chiede di non smettere di sperare nella ricerca della verità.

 

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Gianni Lucini
Scrivere è il mio principale mestiere, comunicare una specializzazione acquisita sul campo. Oltre che per comunicare scrivo anche per il teatro (tanto), il cinema e la TV. È difficile raccontare un'esperienza lunga una vita. Negli anni Settanta ho vissuto la mia prima solida esperienza giornalistica nel settimanale torinese "Nuovasocietà" e alla fine di quel decennio mi sono fatto le ossa nella difficile arte di addetto stampa in un campo complesso come quello degli eventi speciali e dei tour musicali. Ho collaborato con un'infinità di riviste, alcune le ho anche dirette e altre le dirigo ancora. Ho organizzato Uffici Stampa per eventi, manifestazioni e campagne. Ho formato decine di persone oggi impegnate con successo nel settore del giornalismo e della comunicazione. Ho scritto e sceneggiato spot e videogiochi. Come responsabile di campagne di immagine e di comunicazione ho operato anche al di fuori dei confini nazionali arrivando fino in Asia e in America Latina. Dal 1999 al 2007 mi sono occupato di storia e critica musicale sul quotidiano "Liberazione".