Home C'era una volta Il primo disco da solista di Raiz

Il primo disco da solista di Raiz

SHARE

Il 21 maggio 2004 esce Wop, il primo album da solista dell’ex cantante degli Almamegretta. In quel momento si chiama Raiz, ma nel corso del tempo è stato anche Rais, Raiss o come lo si è voluto chiamare.

Una scelta definitiva? Chissà…

Sulla sua carta d’identità c’è scritto Gennaro Della Volpe, ma in fondo quei documenti servono solo per le statistiche. Per molti anni voce carismatica degli Almamegretta, non è un tipo a cui piace stare fermo. Teatro, collaborazioni, la sua voce ha percorso in questi anni tante strade, spesso piccoli sentieri prima di approdare al suo primo disco da solista. Si intitola Wop e contiene dieci brani, dieci piccoli e delicati fiori del deserto curati insieme a Paolo Polcari, un altro protagonista della storia degli Almamegretta. Raiz, come John Frusciante, è uscito dal gruppo? Se lo si chiede a lui la risposta è meticcia: «Il rapporto con il gruppo non è chiuso. Hanno fatto un disco senza di me, inseguono nuovi progetti, ma sono e restano un gruppo aperto. Credo che collaboreremo ancora». Intanto, però, c’è un album delizioso ricamato dal filo duttile della sua voce, che si muove tra le sponde del mediterraneo e riesce a unificare, spesso nello stesso brano, atmosfere diverse, stili apparentemente lontanissimi… «È un disco che volevo fare da tempo e che dimostra come, in musica, la convivenza culturale tra impostazioni diverse è un valore e finisce per dar vita a un nuovo linguaggio».

Un lavoro sulle somiglianze

Il lavoro che sta alla base dell’album si basa sulle somiglianze, sulle linee che si incrociano, in musica come nelle tradizioni culturali. Ci sono leggerezze armoniche pakistane che si integrano perfettamente con alcune strutture della canzone napoletana, ci sono sguardi, tradizioni che non possono essere colti perché, magari, qualcuno ha eretto un muro…. In Dietro il tuo chador canta: “…noi siamo due sponde dello stesso mare, divisi da un muro che è fatto di parole…”. Quando gli si chiede se una canzone possa cambiare il mondo risponde: «Una canzone non può cambiare il mondo, ma può aiutare a capire, far crescere il dubbio, costruire un dialogo… Se tu ascolti il pop israeliano e quello palestinese e non capisci la lingua non ti accorgi della differenza, eppure c’è un muro che impedisce a molti di cogliere la somiglianza…».

 

Previous articleArte e Natura a Milano per la biodiversità
Next articleTerra non guerra!
Gianni Lucini
Scrivere è il mio principale mestiere, comunicare una specializzazione acquisita sul campo. Oltre che per comunicare scrivo anche per il teatro (tanto), il cinema e la TV. È difficile raccontare un'esperienza lunga una vita. Negli anni Settanta ho vissuto la mia prima solida esperienza giornalistica nel settimanale torinese "Nuovasocietà" e alla fine di quel decennio mi sono fatto le ossa nella difficile arte di addetto stampa in un campo complesso come quello degli eventi speciali e dei tour musicali. Ho collaborato con un'infinità di riviste, alcune le ho anche dirette e altre le dirigo ancora. Ho organizzato Uffici Stampa per eventi, manifestazioni e campagne. Ho formato decine di persone oggi impegnate con successo nel settore del giornalismo e della comunicazione. Ho scritto e sceneggiato spot e videogiochi. Come responsabile di campagne di immagine e di comunicazione ho operato anche al di fuori dei confini nazionali arrivando fino in Asia e in America Latina. Dal 1999 al 2007 mi sono occupato di storia e critica musicale sul quotidiano "Liberazione".