Home C'era una volta La (ri)scoperta di Machu Picchu

La (ri)scoperta di Machu Picchu

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Il 24 luglio 1911, accompagnato dalla guida locale Melchor Arteaga e da un sergente della Guardia Civil il cui cognome è Carrasco, l’esploratore nordamericano Hiram Bingham s’arrampica per un antico sentiero e arriva a Machu Picchu, l’antica città perduta degli Incas, a lungo ritenuta una leggenda.

Una salita a colpi di machete

Così Bingham descrive la salita verso il suo obiettivo: «Mi sono spinto sulla collina, pulendo la strada a colpi di machete, e uguale i miei compagni, fermandomi occasionalmente per aprire il collo della camicia e rinfrescarmi, il caldo era terrificante. La strada che mi sono aperto era cosparsa per la gran parte di mesquite (il nome comune dato ad arbusti spinosi del genere Prosopis), terribilmente resistente e con spine pesanti e forti. Se un ramo non fosse stato tagliato al primo colpo mi sarei senz’altro ferito con punte e spine nelle braccia e nel corpo. Fortunatamente avevo fatto abbastanza pratica per imparare a colpire con un solo colpo, ma non mi sono allontanato in alcun modo».

Prima di entrare nella vera e propria città nascosta incontra Anacleto Álvarez e Toribio Recharte, due campesinos che con le loro famiglie coltivano parte degli antichi terrazzamenti a sud delle rovine utilizzando per l’irrigazione un antico canale alimentato da una sorgente. Si racconta che sia stato Pablo, uno dei figli di Recharte ad accompagnare Bingham fino alle monumentali rovine.

La rapace impronta degli USA

Tutto è ormai iniziato. Grazie anche alla sua posizione sociale e agli appoggi di cui gode il 31 ottobre 1912 il Governo del Perù autorizza l’esploratore a scavare nella zona e a portare negli Stati Uniti tutto il materiale archeologico reperito. Il provvedimento non è indolore e soprattutto non passa inosservato negli ambienti culturali del Perù. Eminenti personalità peruviane come Julio C. Tello e Luis Valcárcel protestano con forza contro l’autorizzazione a trasferire negli Stati Uniti il materiale osteologico, i documenti e i reperti archeologici dell’area. Le proteste costringono il governo a fare una parziale marcia indietro: i reperti potranno essere trasportati negli Stati Uniti ma dopo essere state analizzate dovranno essere riportate in Perù. È inutile far notare che gran parte di queste prescrizioni resterà un semplice auspicio sulla carta.

 

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Gianni Lucini
Scrivere è il mio principale mestiere, comunicare una specializzazione acquisita sul campo. Oltre che per comunicare scrivo anche per il teatro (tanto), il cinema e la TV. È difficile raccontare un'esperienza lunga una vita. Negli anni Settanta ho vissuto la mia prima solida esperienza giornalistica nel settimanale torinese "Nuovasocietà" e alla fine di quel decennio mi sono fatto le ossa nella difficile arte di addetto stampa in un campo complesso come quello degli eventi speciali e dei tour musicali. Ho collaborato con un'infinità di riviste, alcune le ho anche dirette e altre le dirigo ancora. Ho organizzato Uffici Stampa per eventi, manifestazioni e campagne. Ho formato decine di persone oggi impegnate con successo nel settore del giornalismo e della comunicazione. Ho scritto e sceneggiato spot e videogiochi. Come responsabile di campagne di immagine e di comunicazione ho operato anche al di fuori dei confini nazionali arrivando fino in Asia e in America Latina. Dal 1999 al 2007 mi sono occupato di storia e critica musicale sul quotidiano "Liberazione".