Home C'era una volta Lee Van Cleef, il brutale cacciatore d’uomini arrivato dal teatro

Lee Van Cleef, il brutale cacciatore d’uomini arrivato dal teatro

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Il 16 dicembre 1989 muore per un infarto Lee Van Cleef. Con i suoi occhi felini a fessura, lo sguardo acuto, il naso adunco e la notevole prestanza fisica è stato uno dei più popolari duri e cinici cacciatori di uomini che si siano mai aggirati sui sentieri del western all’italiana.

A quarant’anni il grande successo

Quando sbarca in Italia chiamato da Sergio Leone che gli affida il ruolo del colonnello Douglas Mortimer in “Per qualche dollaro in più” sfiora già i quarant’anni e sulle spalle ha una lunga carriera passata a dare volto e voce a personaggi destinati a finire male per mano del “buono” di turno. Il regista romano lo sceglie un po’ perché non costa moltissimo e un po’ perché si ricorda di aver visto la sua faccia in western entrati nella leggenda come “Mezzogiorno di fuoco”, “Sfida all’OK Corral” o “L’uomo che uccise Liberty Valance”. L’incontro con Sergio Leone e il successo di “Per qualche dollaro in più” danno inizio a una nuova fase della sua carriera. A differenza di Clint Eastwood non torna subito in patria, ma diventa una delle icone dell’intera epopea del western all’italiana.

Da ragioniere a star

Lee Van Cleef nasce a Somerville, nel New Jersey, il 9 gennaio 1925. Il suo primo lavoro è quello di ragioniere nello studio di un commercialista anche se, come molti ragazzi di quel periodo, finisce per ritrovarsi in divisa, nel suo caso quella della Marina, per combattere nella seconda guerra mondiale. Dopo il 1945 recupera il suo vecchio impiego ritagliandosi un po’ di spazio nel tempo libero per recitare in teatro con una compagnia amatoriale. Proprio in una di queste esibizioni viene notato da Joshua Logan che lo convince a lasciare l’impiego per dedicarsi al teatro a tempo pieno. Dalle assi del palcoscenico agli studi di Hollywood il passo è meno lungo di quel che sembra e Lee Van Cleef si ritrova a interpretare la parte di uno dei cattivi con i quali deve fare i conti Gary Cooper in “Mezzogiorno di fuoco” di Fred Zinneman. È il 1952. Da quel momento il cinema diventa il suo unico mestiere e il western il genere nel quale viene scritturato con più frequenza. Quando sbarca in Italia non è una star, ma un onesto e rispettato caratterista di quarant’anni che Sergio Leone trasforma in un personaggio popolarissimo in tutto il mondo. Accompagna poi le successive evoluzioni del western all’italiana e dopo l’esaurimento del genere alla fine degli anni Settanta torna a lavorare prevalentemente negli Stati Uniti. Tra le ultime interpretazioni di rilievo c’è “1997 – fuga da New York” di John Carpenter. Le sue ceneri riposano a Forest Lawn, vicino a Hollywood.

 

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Gianni Lucini
Scrivere è il mio principale mestiere, comunicare una specializzazione acquisita sul campo. Oltre che per comunicare scrivo anche per il teatro (tanto), il cinema e la TV. È difficile raccontare un'esperienza lunga una vita. Negli anni Settanta ho vissuto la mia prima solida esperienza giornalistica nel settimanale torinese "Nuovasocietà" e alla fine di quel decennio mi sono fatto le ossa nella difficile arte di addetto stampa in un campo complesso come quello degli eventi speciali e dei tour musicali. Ho collaborato con un'infinità di riviste, alcune le ho anche dirette e altre le dirigo ancora. Ho organizzato Uffici Stampa per eventi, manifestazioni e campagne. Ho formato decine di persone oggi impegnate con successo nel settore del giornalismo e della comunicazione. Ho scritto e sceneggiato spot e videogiochi. Come responsabile di campagne di immagine e di comunicazione ho operato anche al di fuori dei confini nazionali arrivando fino in Asia e in America Latina. Dal 1999 al 2007 mi sono occupato di storia e critica musicale sul quotidiano "Liberazione".