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Moda etica, per un approccio sostenibile e virtuoso

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Moda etica

Il concetto di moda etica si sta diffondendo in misura sempre più consistente tra le aziende del settore fashion, apportando notevoli cambiamenti al modus operandi dei produttori sotto molteplici punti di vista. Se lo sfruttamento dei dipendenti, costretti a produrre in condizioni pessime, sembra essere il tratto peculiare delle imprese del fast fashion, ecco che con la moda etica viene intrapreso un vero e proprio cambio di rotta, per il quale la ricerca di una maggiore sostenibilità non riguarda solo i lavoratori, ma anche l’attenzione nei confronti dell’ambiente. Questo implica non solo la messa in atto di prassi finalizzate a contenere l’inquinamento, ma anche una notevole cura nella selezione delle materie prime.

La situazione a livello mondiale

Non tutte le aziende si sono convertite a una produzione di abbigliamento ecosostenibile, e – anzi – sono ancora numerose le imprese che fanno riferimento al modello del fast fashion, con tutte le conseguenze negative che ciò comporta: il mancato rispetto dell’ambiente, per esempio, ma anche una scarsa attenzione verso i dipendenti e la delocalizzazione della produzione, finalizzata a garantire un vantaggio economico. Nel novero dei marchi che hanno scelto di intraprendere la strada di moda ecosostenibile e moda etica c’è, invece, Carvico, azienda di produzione di tessuti che vanta una leadership a livello internazionale: un caso che dimostra come la scelta di puntare sull’abbigliamento ecosostenibile possa tradursi in un impegno trasparente e concreto.

Le conseguenze del fast fashion

Il fast fashion ha determinato un notevole incremento del numero di capi di abbigliamento che vengono prodotti, utilizzati e infine gettati. Si ritiene che solo la produzione tessile causi un quinto dell’inquinamento dell’acqua potabile in tutto il mondo. Sarebbe un errore, peraltro, ritenere che il settore idrico sia l’unico interessato dall’inquinamento provocato dalle industrie tessili. Le emissioni di gas che influenzano l’effetto serra, per esempio, sono un’altra conseguenza di non poco conto. Ecco, allora, che parlare di moda sostenibile vuol dire diminuire l’uso di acqua per i processi produttivi, puntare sulle fonti di energia pulita, contenere le emissioni di anidride carbonica, riciclare il più possibile, effettuare degli investimenti per il miglioramento delle performance tecnologiche e fare in modo che gli scarti possano trovare nuova vita.

La scelta dei materiali

Non tutti i materiali garantiscono lo stesso livello di sostenibilità. Anche il cotone, che in teoria dovrebbe essere biodegradabile essendo una fibra naturale, può nascondere delle insidie, per esempio se presenta dei coloranti o se i fili usati per le cuciture sono di poliestere. Inoltre non bisogna dimenticare che il cotone è, nel contesto della filiera dell’abbigliamento, il materiale che consuma più acqua, dato che la sua impronta idrica media è di 100mila litri ogni 10 chili. Ecco perché la moda etica privilegia il cotone biologico, meglio ancora se dotato della certificazione Global Organic Textile Standard.

Dal fast fashion alla moda etica

Il fenomeno del fast fashion è caratterizzato, come il suo nome lascia intuire, da modalità di produzione che fanno della velocità il proprio tratto distintivo: una necessità che si spiega con l’obiettivo di assecondare i trend, sempre in evoluzione e destinati a mutare, del settore della moda. Viceversa, la moda sostenibile è tale se non si basa su un concetto di produzione usa e getta.

Le caratteristiche della moda sostenibile

Ma ci sono anche molti altri fattori che contribuiscono a definire la moda etica: per esempio la scelta di promuovere e favorire la crescita economica di Paesi ancora in via di sviluppo, oppure l’attenzione riservata alle condizioni di lavoro e ai diritti della manodopera. Ancora, vale la pena di citare la necessità di privilegiare quei materiali che presuppongono un utilizzo più contenuto del suolo e un minor consumo di acqua. Tra i materiali di origine vegetale alternativi al cotone si segnalano la ginestra, la canapa, il lino, il cocco e la juta. Si tratta di piante che possono essere coltivate senza eccessive quantità di acqua; la canapa, in particolare, non richiede pesticidi e presenta fibre longeve e resistenti. Ciò vuol dire che i capi di abbigliamento realizzati con questo materiale sono destinati a durare più a lungo nel tempo.

La scelta dei materiali

Non di rado il mondo del fast fashion viene associato all’impiego di materiali che contengono sostanze tossiche. Per fortuna, si stanno moltiplicando le certificazioni che testimoniano l’assenza di sostanze di questo tipo nei capi che vengono messi in vendita. E nell’ambito della moda etica ci sono anche altre certificazioni importanti: la Fsc, per esempio, testimonia la provenienza delle materie prime da foreste che sono gestite con un approccio responsabile verso il territorio e i lavoratori; la Ecolabel e la Naturtextil, invece, chiamano in causa la connotazione ecologica del ciclo di vita dei prodotti; infine la New Merino ha a che fare con il rispetto degli animali da cui viene ricavata la lana.