Home Green in Action Obbligo di bretelle, ciclisti in rivolta

Obbligo di bretelle, ciclisti in rivolta

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bretelle fiab
Fiab Torino, con le associazioni Bici & Dintorni e Bike Pride, accoglie con stupore e preoccupazione la proposta di delibera presentata in Consiglio comunale che propone di introdurre anche in città l’obbligo per i ciclisti di indossare “bretelle retrorifrangenti ad alta visibilità”.
Questa imposizione sarebbe vessatoria, inutile e insensata. L’obbligo di copriabiti riflettenti, secondo il codice della strada italiano, vale sulle strade extraurbane in orario notturno, ma non vale nelle città, dove per i ciclisti sono sufficienti le luci di posizione.
Non abbiamo bisogno di bretelle!
Non è caricando di ulteriori costi i ciclisti, che si risolve il problema della sicurezza delle strade.
Inoltre, come sottolineato dai legali della Fiab, non rientra nella potestà dell’Amministrazione Comunale dettare “norme di comportamento (…) in tema di circolazione stradale“.
Si ricorda – scrive infatti l’Avv. Michiche la Corte Costituzionale ha affermato che compete al solo legislatore nazionale l’introduzione di “norme, concernenti l’obbligo dell’uso delle luci di posizione, dei proiettori anabbaglianti, ecc., l’uso delle luci di posizione e d’ingombro, dei proiettori anabbaglianti, etc., l’uso dei dispositivi di segnalazione visiva durante la fermata o la sosta, (…) l’obbligo di utilizzare i dispositivi retroriflettenti di protezione individuale (…), l’obbligo di indossare il casco protettivo su ciclomotori e motoveicoli e l’obbligo di circolare con veicoli provvisti di limitatore di velocità e, in certi casi, di cronotachigrafo” (Corte Costituzionale, 29.12.2004, n. 428).
Apprezziamo la buona fede di chi tenta di migliorare la vita dei ciclisti, ma proporre ulteriori norme, quando già quelle esistenti e basilari non vengono rispettate e le infrazioni non sanzionate, ci pare una boutade elettorale. Sarebbe meglio – come abbiamo avuto modo di ribadire molte volte – che si lavorasse alla base, sulla progettazione di strade che garantiscano la sicurezza di tutti, sull’educazione alla condivisione degli spazi, sulla riduzione delle velocità e sulla pianificazione di zone 30: solo così si può migliorare la sicurezza dei ciclisti. Sono da considerare prioritarie le misure di “sicurezza attiva”, così come individuato dal quarto programma quadro della sicurezza stradale 2011-2020 dell’Unione europea.
Ci chiediamo infine se chi ha presentato la proposta abbia studiato il potenziale impatto che il nuovo obbligo avrebbe sull’uso del bike sharing, perché non tutti gli abbonati saranno disposti a portare sempre appresso le bretelle insieme alla tessera e temiamo quindi una drastica riduzione dell’unico incentivo torinese all’uso della bici che finora abbia dato risultati significativamente positivi.
Pare che per l’ennesima volta nessuno voglia ascoltare il parere delle associazioni, che da anni sono impegnate per migliorare la vita dei ciclisti urbani e, soprattutto, studiano le migliori esperienze europee.