Home C'era una volta Otto Wagner: la necessità è la sola padrona dell’arte

Otto Wagner: la necessità è la sola padrona dell’arte

SHARE

Il 13 luglio 1841 in una famiglia della media borghesia austriaca nasce il grande architetto Otto Wagner, uno dei personaggi più significativi dell’architettura europea.

Gli inizi a Vienna

Dopo aver frequentato il Politecnico di Vienna, perfeziona gli studi universitari a Berlino dal 1860 al 1861, quindi inizia a lavorare nello studio di Ludwig von Förster, il progettista della celeberrima Ringstrasse (la più importante e lussuosa “circonvallazione” d’Europa). Inizia la libera professione a Vienna dove le proprie condizioni economiche gli consentono di acquistare appezzamenti di terreno, su cui realizza ciò che progetta, per venderli successivamente. Nel 1884 il prestigio raggiunto nella professione gli apre le porte dell’Università di Vienna. E’ a questo punto che l’agiato professionista, incontrastato interprete delle aspirazioni della locale borghesia conservatrice, opera una rivoluzione. Nella prolusione al momento dell’assegnazione della cattedra universitaria, infatti scandalizza l’uditorio e l’opinione pubblica benpensante asserendo che “l’arte deve nascere dalla vita moderna… le sue forme devono armonizzarsi con le esigenze del tempo… ciò che è pratico è bello”. È una rivoluzione per una società in cui si era convinti che le chiese dovessero essere in stile gotico per favorire la preghiera, che le università dovessero assomigliare a templi greci per spronare gli studenti nello studio, che le abitazioni fossero l’imitazione dei grandi palazzi fiorentini del ‘500 per onorare adeguatamente i proprietari. Wagner ribadisce le sue eretiche tesi nel libro “Moderne Architektur” del 1885. Da questo momento nel suo modo di costruire appaiono i nuovi materiali da facciata usati dagli altri pionieri dell’architettura moderna, quali la maiolica, le lastre di marmo appese alle facciate, l’alluminio negli elementi decorativi metallici e, soprattutto, il ferro nelle strutture portanti dei fabbricati.

Artis sola domina necessitas

Il suo credo diventa: “Artis sola domina necessitas” (Necessità, sola padrona dell’arte). Una cosa ovvia oggi, ma non così in un periodo in cui sotto le gonne delle donne esistevano pesanti incastellature di sostegno! Gran parte della committenza privata, che gli imponeva paccottiglie sulle facciate, lo abbandona. Sono, quindi, le commesse pubbliche a caratterizzare la sua attività, prima fra tutte la grande metropolitana viennese (terminata nel 1900), in parte sotterranea in parte sopraelevata, con ponti in ferro, viadotti e 25 stazioni. Segue la banca postale di Vienna nel 1905, e la chiesa del complesso ospedaliero Am Steinhof, terminata nel 1913. Wagner realizza dopo il 1885 pochi edifici residenziali, ma di qualità eccelsa, come le due case di Linke Winzeile e la sua seconda villa. Le due case precedentemente citate, e soprattutto la Majolikhaus, sono considerate fra i più eleganti modelli del Liberty viennese. Attorno a lui nasce una delle più importanti “scuole” di architettura dell’epoca (la Wagnerschule appunto) che avrà un ruolo fondamentale nella costruzione dell’architettura moderna in tutta Europa, Italia compresa. Nella scuola si formano i collaboratori di Wagner nell’insegnamento: Josef Hoffmann, Joseph Maria Olbrich e Joze Plecnik, che domineranno la scena viennese ed europea per molti anni. Dalla scuola hanno origine molte delle grandi “scuole” regionali, che si sviluppano in tutto l’impero asburgico; la scuola cecoslovacca con Kotera, Janàk, Chochol, e le scuole nazionali slovena, croata e ungherese che intraprendono l’attività nel primo dopoguerra. Architetti come Max Fabiani che operò a Trieste, Gorizia e Lubiana, gli italiani Annibale Rigotti, R. D’Aronco, Antonio Sant’Elia, il catalano Puig y Cadafalch devono a questa scuola la loro formazione.

 

Previous articleArmand’Ary: songo frangesa e vengo da Parigi
Next articleFranco Garrassini, una batteria per il jazz revival
Gianni Lucini
Scrivere è il mio principale mestiere, comunicare una specializzazione acquisita sul campo. Oltre che per comunicare scrivo anche per il teatro (tanto), il cinema e la TV. È difficile raccontare un'esperienza lunga una vita. Negli anni Settanta ho vissuto la mia prima solida esperienza giornalistica nel settimanale torinese "Nuovasocietà" e alla fine di quel decennio mi sono fatto le ossa nella difficile arte di addetto stampa in un campo complesso come quello degli eventi speciali e dei tour musicali. Ho collaborato con un'infinità di riviste, alcune le ho anche dirette e altre le dirigo ancora. Ho organizzato Uffici Stampa per eventi, manifestazioni e campagne. Ho formato decine di persone oggi impegnate con successo nel settore del giornalismo e della comunicazione. Ho scritto e sceneggiato spot e videogiochi. Come responsabile di campagne di immagine e di comunicazione ho operato anche al di fuori dei confini nazionali arrivando fino in Asia e in America Latina. Dal 1999 al 2007 mi sono occupato di storia e critica musicale sul quotidiano "Liberazione".