Il 4 gennaio 1976 la polizia uccide Mel Evans, un’ex guardia del corpo dei Beatles divenuta popolare per il libro “Living the Beatles legend”, un racconto autobiografico del periodo passato con i quattro di Liverpool.
Un fucile puntato
La notizia della sua morte arriva nelle redazioni dei giornali accompagnata da un breve comunicato. Mancano indicazioni precise sulla dinamica dell’uccisione e, soprattutto, sulle ragioni che hanno portato gli agenti della polizia di Los Angeles a irrompere nel suo appartamento e a sparargli. Sollecitate dalla stampa le autorità diffondono, con notevole ritardo, un comunicato più dettagliato che ricostruisce gli eventi. Gli agenti sarebbero intervenuti dopo aver ricevuto una chiamata di Fran Hughes, la compagna di Evans. La donna, spaventata per averlo trovato con in mano un fucile, sconvolto e in preda a una violenta crisi depressiva, avrebbe chiesto aiuto alla polizia. Invitato a consegnare l’arma, Evans l’avrebbe invece puntata verso gli agenti che si sarebbero difesi uccidendolo.
Una ricostruzione che non convince
La ricostruzione non convince tutti. Un cronista prova che il fucile di Mel non ha mai sparato e solleva più di una perplessità sulla crisi depressiva. L’uomo, dice chi lo conosceva, aveva quarant’anni e, grazie al libro sui Beatles, si stava godendo un’insperata popolarità oltre che una improvvisa floridità finanziaria. In più nessuno crede alla storia di un litigio violento con la sua compagna. Sui “buchi neri” della ricostruzione dei fatti viene aperta un’inchiesta, ma tutto finirà lì. I dubbi resteranno tali e il mistero dell’uccisione di Mel Evans non sarà mai completamente chiarita.