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Quando Enzo Avitabile voleva salvare il mondo

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Il 26 marzo 2004 in una lunga intervista Enzo Avitabile presenta il suo nuovo disco Salvamm’ ‘o munno. Ci sono le voci e gli strumenti di tutti i Sud della terra nell’album del cantautore napoletano che destina parte dei proventi al finanziamento della campagna di Amnesty contro la piaga dei bambini-soldato.

Magari potessimo salvare il mondo con le canzoni!

Avitabile firma il disco insieme ai Bottari di Portico di Caserta, un gruppo che utilizza botti, tini e falci come strumenti percussivi seguendo le regole di un’antichissima tradizione, ma i brani vedono la partecipazione di un nutritissimo gruppo di artisti, da Khaled a Manu Dibango, Hugh Masekela, Simon Saheen, Amina, Baba Sissoko, Bachir Mizmar, Adel Shaaer, Luigi Lai e tanti altri. Una vera e propria chiamata a raccolta per salvare il mondo? Con la gentilezza e l’ironia napoletana che lo caratterizzano Enzo Avitabile si schernisce «Magari potessimo salvare il mondo con le canzoni!» Poi si fa più serio e spiega «Sono convinto che ciascuno debba fare qualcosa per questa terra. Io con la mia musica, tu con la tua vita quotidiana, con quello che sai fare, tutti insomma devono sapere che non si può uccidere la speranza e che la guerra, questo mondo di guerra che ci circonda, è una prigione da cui dobbiamo uscire. Bisogna essere consapevoli della necessità di fare qualcosa senza avere prima la garanzia che serva davvero. Bisogna perché si deve, perché tutto si lega, perché il piccolo gesto che faccio io può cominciare a cambiare le cose…».

Una costruzione nata dallo sforzo comune

Come si possono cambiare le cose in un disco? «Intanto con l’esempio. Se lo ascolti bene puoi capire che ciascun musicista entra nel linguaggio musicale senza prevaricazioni, senza imporre niente. Non è la somma di tanti stili, ma una costruzione nata dallo sforzo comune. Son partito dalle radici della musica della mia terra, ho chiesto la collaborazione dei Bottari di Portici e poi, insieme, abbiamo aperto la porta ai nostri fratelli e ai nostri amici perché lavorassero con noi». Il risultato è all’altezza delle aspettative, con artisti di fama mondiale che entrano nei suoni degli altri senza disturbare… «Sì e questo vale non soltanto per i grandi personaggi, ma anche per il lavoro fatto sulle sonorità di tutti. Per esempio l’apporto del basso o i rumorini dei tamburi sono minimali per non sovrapporsi al suono dei Bottari. Sai perché? Perché così nessuno colonizza nessuno, ma tutti insieme si lavora per qualcosa che quando inizi a costruire non sai ancora come sarà». C’è qualche novità anche nei testi…«Le parole sono più calate dentro la realtà, cercano di accarezzare il mondo e i suoi problemi ma senza esagerare. Io scrivo canzoni non articoli giornalistici e il mio lavoro funziona quando riesco a farmi capire immediatamente». Insomma vuoi proprio cambiare il mondo? «Se insisti ti dico di sì, ma a modo mio. Questo album è la dimostrazione che per cambiare il mondo bisogna cambiare se stessi. Siccome sono un musicista comincio a far vivere questa convinzione nel mio lavoro».

 

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Gianni Lucini
Scrivere è il mio principale mestiere, comunicare una specializzazione acquisita sul campo. Oltre che per comunicare scrivo anche per il teatro (tanto), il cinema e la TV. È difficile raccontare un'esperienza lunga una vita. Negli anni Settanta ho vissuto la mia prima solida esperienza giornalistica nel settimanale torinese "Nuovasocietà" e alla fine di quel decennio mi sono fatto le ossa nella difficile arte di addetto stampa in un campo complesso come quello degli eventi speciali e dei tour musicali. Ho collaborato con un'infinità di riviste, alcune le ho anche dirette e altre le dirigo ancora. Ho organizzato Uffici Stampa per eventi, manifestazioni e campagne. Ho formato decine di persone oggi impegnate con successo nel settore del giornalismo e della comunicazione. Ho scritto e sceneggiato spot e videogiochi. Come responsabile di campagne di immagine e di comunicazione ho operato anche al di fuori dei confini nazionali arrivando fino in Asia e in America Latina. Dal 1999 al 2007 mi sono occupato di storia e critica musicale sul quotidiano "Liberazione".