Il 2 gennaio 1991 muore Renato Rascel, uno dei pilastri della storia del teatro leggero in Italia. Cantante, autore, attore e capace di misurarsi con quasi tutti i ruoli dello spettacolo moderno non si adagia mai sugli allori del successo raggiunto ma cerca sempre nuovi stimoli, nuove fonti d’ispirazione per il suo talento artistico.
Figlio d’arte
Figlio del cantante d’operetta Cesare Ranucci e della ballerina classica Paola Massa, Renato Rascel, all’anagrafe Renato Ranucci, nasce il 27 aprile 1912 a Torino. Le sue origini “piemontesi” sono un caso visto che i genitori sono romani ma si trovano nel capoluogo sabaudo perché impegnati in tournée. La sua infanzia trascorre a Roma dove cresce affidato alle cure di nonna Margherita quando i genitori sono in viaggio per lavoro. Bambino prodigio fin dalla più tenera età nel 1925, a tredici anni, esordisce in una sala da ballo come batterista per un compenso di 20 lire alla settimana. Nel 1928 entra a far parte di una compagnia d’avanspettacolo, ricoprendo i ruoli di fantasista e ballerino di tip-tap. Il suo nome diventa rapidamente popolare nel teatro di varietà grazie a una galleria di figure caricaturali che si adattano perfettamente al suo fisico gracile e minuto e delineano il personaggio di un omino candido e sognatore. Negli anni Cinquanta fonda una propria compagnia e diventa uno dei grandi protagonisti delle commedie musicali, soprattutto di quelle scritte dal duo Garinei e Giovannini.
Una grande preparazione musicale
La sua grande duttilità artistica gli consente di passare con uguale successo dal teatro al cinema, alla radio, alla commedia musicale e anche alla televisione. A volte segue il filo della corrente delle mode altre volte si muove in direzione contraria come alla fine degli anni Cinquanta quando gli appassionati della canzone italiana impazziscono per gli “urlatori” e lui sceglie di andare controcorrente: «…tutti urlavano e io sussurravo, tutti si agitavano e io mi presentavo con la mia figura esile a dichiararmi l’ultimo poeta che sospira alla luna…». Il suo rapporto con la musica è tutt’altro che casuale visto che fin da giovane frequenta regolari lezioni di armonia e contrappunto appassionandosi poi alla batteria a cimentandosi in una lunga serie di strumenti dalle percussioni alla chitarra, all’organetto al corno inglese. Nel 1955 scrive la famosissima Arrivederci Roma e nel 1960 vince il Festival di Sanremo con Romantica, in coppia con Tony Dallara. Torna ancora sul palcoscenico sanremese nel 1970 per presentare Nevicava a Roma in coppia con Pio. A partire dagli anni Ottanta riduce progressivamente i suoi impegni senza abbandonare mai del tutto le scene fino alla morte che lo coglie, non troppo, inaspettata nella sua Roma.