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Save the Children: disuguaglianze e povertà incidono sulla salute dei bambini

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Save the Children, disuguaglianze e povertà incidono sulla salute dei bambini

Poveri di tutto, anche di salute. Le bambine, i bambini e gli adolescenti colpiti dalle disuguaglianze socioeconomiche, educative e territoriali, ne subiscono l’impatto anche sulla salute e il benessere psico-fisico.

In Italia, dove quasi un milione e quattrocentomila bambini vivono in povertà assoluta – una percentuale media del 14,2% di tutti i minori, che sale però fino al 16% nel Mezzogiorno – si registrano disuguaglianze socioeconomiche che incidono direttamente sulla salute dei bambini, penalizzando chi maggiormente avrebbe bisogno, nel proprio territorio, dei servizi di cura, prevenzione e promozione della salute e del benessere psico-fisico. Se in Italia la speranza di vita alla nascita nel 2021 si attesta a 82,4 anni, ci sono 3,7 anni di differenza tra l’aspettativa di vita di chi nasce a Caltanissetta (80,2) e di chi nasce a Firenze (83,9). L’ultimo rapporto Istat sul Benessere equo e sostenibile evidenzia una differenza anche maggiore rispetto all’aspettativa di vita in buona salute: ci sono oltre 12 anni di differenza per esempio tra chi nasce nella provincia di Bolzano (67,2 anni) e chi nasce in Calabria (54,4 anni) [1]. Tra le bambine la forbice è ancora più ampia, 15 anni in meno in Calabria rispetto al Trentino. Prima della pandemia, secondo gli ultimi dati disponibili, il tasso di mortalità infantile (entro il primo anno di vita)   era di 1,45 decessi ogni 1000 nati vivi in Toscana[2], ma era più che doppio in Sicilia (3,34) e triplo in Calabria (4,42), con ben il 38% dei casi di decesso relativi a bambini con mamme di origine straniera. Un bambino del Mezzogiorno che si ammalava nel 2019 aveva una probabilità di dover migrare in altre regioni per curarsi del 70% in più rispetto a un bambino del Centro o del Nord Italia. Non è solo il sistema sanitario ad influenzare la salute dei bambini, sulla quale gravano tutti i determinanti sociali legati al contesto territoriale in cui si cresce, alle condizioni economiche, al livello di istruzione, all’ambiente, alle reti sociali e dei servizi.

Questa è la chiave di lettura della XIII edizione dell’Atlante dell’infanzia a rischio in Italia, dal titolo “Come stai?”, diffuso oggi in vista della Giornata mondiale dell’Infanzia e dell’Adolescenza da Save the Children – l’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare le bambine e i bambini a rischio e garantire loro un futuro -, che fotografa anche quest’anno le condizioni di vita di bambini, bambine e adolescenti nel nostro Paese. Presentato e commentato questa mattina a Roma, presso l’Associazione della Stampa Estera, con la partecipazione di Cristiana Pulcinelli , curatrice della pubblicazione, Silvio Brusaferro, Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, Stefano Vicari, Professore presso la Facoltà di Medicina dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Enrica Baricco, Fondatrice e Presidente di CasaOz onlus, Riccardo Bosi, Pediatra, e, per Save the Children Italia, Claudio Tesauro, Presidente, Raffaela Milano, Direttrice Programmi Italia-Europa e Gabriele Spaccini, Movimento Giovani – Change the Future, l’Atlante prova ad esplorare la salute dei bambini dal momento della nascita fino all’età adulta. Dati, mappe e interviste fotografano l’intreccio tra disuguaglianze e salute che la pandemia ha amplificato, e i tanti, troppi volti diversi di un servizio sanitario che spesso è “nazionale” solo sulla carta, per le gravi disuguaglianze territoriali e la distanza che intercorre tra le sue punte di eccellenza e i suoi baratri.

““Come stai?” è la domanda che molti ragazzi e ragazze avrebbero voluto sentirsi rivolgere durante la pandemia e che ancora oggi non viene loro rivolta dagli adulti. Abbiamo voluto dedicare l’Atlante del 2022 alla salute perché è necessario assicurare a tutti i bambini e gli adolescenti una rete di servizi di prevenzione e cura all’altezza delle necessità, superando le gravi disuguaglianze territoriali che oggi incidono sul sistema. Nel panorama mondiale, il nostro servizio sanitario nazionale si posiziona come una eccellenza per la cura dei bambini, ma questo non deve spingerci ad ignorare i divari e le criticità che la pandemia ha contribuito ad accentuare.  Al tempo stesso, i dati dell’Atlante mostrano la necessità di mettere la salute dei bambini al centro di tutte le scelte politiche, dalla tutela dell’ambiente urbano alle mense scolastiche, fino agli spazi per lo sport e il movimento, con una particolare attenzione al tema della salute mentale degli adolescenti, fortemente colpiti dalla pandemia. Questo impegno è ancor più urgente oggi, in un Paese che attraversa una difficile fase economica e che ha toccato il picco di quasi un milione e 400mila bambini in povertà assoluta. Per molti di loro, la povertà materiale ed educativa si traduce anche in povertà di salute e occorre fare di tutto per spezzare questo circolo vizioso, orientando le risorse disponibili sui territori che maggiormente soffrono queste difficoltà” ha dichiarato Claudio Tesauro, Presidente di Save the Children Italia.

Il Servizio sanitario nazionale è caratterizzato da elevate professionalità, qualità delle cure e una forte inclusività, tutte caratteristiche che pongono ancora oggi l’Italia tra i Paesi più avanzati al mondo in termini di tutela della salute dell’infanzia. La pandemia ha, tuttavia, acuito i divari territoriali e fatto esplodere problemi stratificati negli anni. Al netto dei recenti finanziamenti straordinari per la pandemia, nel decennio pre-Covid-19 l’Italia ha dedicato sempre meno risorse pubbliche all’assistenza sanitaria per la quale nel 2019 ha investito il 6,4% del Pil, molto meno della Germania (9,8%) o della Francia (9,3%), mentre è cresciuta la spesa sanitaria a carico delle famiglie, pari al 2,3% del PIL, quando in Francia e Germania si limitava all’1,9 e all’1,8%[3]. Le famiglie italiane più abbienti con figli minorenni (5° quintile) spendono in media per la salute circa 250 euro mensili, affidandosi quindi di più ai privati, mentre quelle meno abbienti (1° quintile) non raggiungono un quinto di tale spesa (meno di 50 euro) al centro nord, o lo superano di poco nel Mezzogiorno[4], affidandosi quindi molto di più al SSN, quando presente.

Nella ripartizione dei fondi pubblici per la salute, solo il 12% è impiegato nella prevenzione e nella medicina di base, che sono invece fondamentali per la salute dei bambini nel medio e lungo periodo. La quota principale (44%) è impiegata per l’assistenza ospedaliera, ma solo il 6% di queste risorse sono destinate ai minorenni, a fronte di una percentuale di questi sul totale della popolazione del 15,6%, e nel 2020 i posti letto in degenza ordinaria nei reparti pediatrici erano solo il 4,1% del totale. Nonostante il crollo demografico – con meno di 400mila nati nel 2021 – mancano all’appello sui territori ben 1.400 pediatri di base e la media di bambini under14 assistiti per pediatra è pari a 883, sebbene vi sia un limite stabilito per legge di massimo 800 assistiti per pediatra, mentre lo screening neonatale esclude ancora, in molte regioni, alcune malattie anche gravissime, che potrebbero essere diagnosticate precocemente.

Nel biennio 2020-21, gli effetti della pandemia si sono fatti sentire fortemente. Per esempio, le vaccinazioni nei primi mesi di vita hanno subito una significativa riduzione, e si è verificata, tra il resto, una contrazione drastica delle diagnosi di tumore pediatrico che si sono ridotte del 33% nel 2020[5]. Già prima del Covid19, il numero dei consultori familiari si era andato assottigliando. Tra il 2014 e il 2020 c’è stata una riduzione di oltre il 6% del numero di centri attivi e nel biennio 2018-19 la media di utenti per singola struttura era di 32.325 persone[6], ben al di sopra dei 20.000 stabiliti dalla legge (34/1996), e con un’ampia disparità territoriale (Lazio, Veneto e Campania hanno in media bacini di utenza di oltre 40 mila persone per ciascun consultorio). Gli effetti peggiorativi della pandemia sono evidenti anche nel crescente disagio mentale di preadolescenti e adolescenti. In 9 regioni italiane oggetto di monitoraggio[7],  i ricoveri per patologia neuropsichiatrica infantile sono cresciuti del 39,5% tra il 2019 e il 2021 (prime due cause, psicosi e disturbi del comportamento alimentare), mentre in tutto il Paese si contano solo 394 posti letto in degenza in questi reparti. Ci sono regioni che non ne hanno neanche uno, come Calabria, Molise, Umbria e Valle d’Aosta, in Lombardia sono 100. Ma è molto grave anche l’assenza o la carenza di strutture semiresidenziali, centri diurni, strutture per gli interventi intensivi a domicilio, tutta la rete coordinata di cura che dovrebbe evitare il ricovero. Purtroppo, invece, un’indagine condotta dalla Società Italiana di Pediatria tra marzo 2020 e marzo 2021 in 9 regioni italiane (Abruzzo, Basilicata, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Umbria), evidenzia un aumento del 39,5% nei ricoveri per patologia neuropsichiatrica infantile; la principale causa è stata l’ideazione suicidaria seguita da depressione e disturbi della condotta alimentare.  In generale, siamo di fronte ad un bisogno di sostegno consistente che non trova risposta. Secondo le stime[8], già prima della pandemia 200 bambini e ragazzi su 1000 manifestavano un disturbo neuropsichiatrico (1.890.000 minori), ma meno di un terzo aveva accesso ad un servizio territoriale di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza e nella metà dei casi non riusciva ad avere risposte terapeutico-riabilitative appropriate nel proprio territorio.

Come si evidenzia nelle pagine dell’Atlante, non è solo il sistema sanitario a dover assicurare la salute di un bambino. È l’intero ambiente di crescita, in tanti suoi aspetti, a giocare infatti un ruolo decisivo. Occorre dunque considerare che l’81,9% dei bambini vive in zone dove la concentrazione di polveri sottili è maggiore dei valori limite indicati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come non rischiosi per la salute (il 100% in ben 8 regioni: Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Lombardia, Piemonte, Puglia, Trentino Alto Adige, Veneto)[9]. Questi inquinanti sono una possibile causa scatenante dell’asma che colpisce l’8,4% dei bambini tra i 6 e i 7 anni, ma incidono anche sullo sviluppo cognitivo dei bambini, che migliora del 13% nelle scuole con i più bassi livelli di polveri sottili nell’aria[10]. Un bambino o ragazzo su 4 non pratica mai sport (3-17 anni), con una ampia forbice che va dal 45,5% della Campania al 6,9% della Provincia Autonoma di Bolzano. Con la pandemia, i bambini tra i 3 e 10 anni in sovrappeso o obesi sono passati dal 32,6% (biennio 2018-19) al 34,5% (2020-21). La povertà alimentare colpisce 1 bambino su 20[11], mentre l’accesso alla mensa scolastica, che per alcuni sarebbe l’unica chance quotidiana di un pasto equilibrato e proteico, si limita ad 1 bambino su 2 nella scuola primaria; la mensa scolastica dovrebbe essere considerata come  un servizio essenziale tra i 3 e i 10 anni. La buona alimentazione fa difetto anche per il 32% degli adolescenti 11-17enni, che non mangia mai frutta e verdura.

“Il PNRR prevede un investimento significativo sulla Missione Salute (più di 15 miliardi) e disegna una riforma della sanità territoriale che può rispondere a molte delle criticità rilevate dall’Atlante. A partire dalle Case della Comunità che potrebbero diventare il fulcro di una nuova rete integrata con i servizi sociali ed educativi, sostenuta dal rilancio dei Consultori e dei servizi per la salute minorile, da costruire con la partecipazione dei cittadini. Ma perché questo sia possibile è indispensabile accompagnare l’investimento sulle strutture ad un investimento di lungo periodo sulle risorse umane ed è necessario colmare in primo luogo le gravissime disuguaglianze di accesso ai servizi che oggi vediamo esplodere nelle aree più deprivate del Paese, con liste di attesa di anni per accedere a servizi di riabilitazione per l’infanzia, bambini senza pediatra, adolescenti che entrano nei reparti di emergenza psichiatrica dopo aver inutilmente cercato un servizio territoriale cui rivolgersi per tempo. Sono queste e tante altre, in carne ed ossa, le domande di salute che attendono risposta. ll diritto alla salute dei bambini, delle bambine e degli adolescenti impone scelte coraggiose per il rilancio di un servizio sanitario nazionale che ha spinto in tanti anni l’Italia ai primi posti nel panorama mondiale e che fa dell’universalità di accesso un principio fondamentale. Il superamento delle disuguaglianze nella salute dei bambini è un investimento di lungo termine, ma preziosissimo, perché sappiamo che se si cambia l’inizio della storia, si può cambiare tutta la storia.” ha dichiarato Raffaela Milano, Direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children.

 

I primi 1000 giorni

Le esperienze durante la gravidanza e fino ai due anni di vita influenzano lo stato di salute, l’apprendimento, così come il benessere sociale ed emotivo con effetti che durano per l’intera infanzia e fino all’adolescenza e all’età adulta. Per esempio, è stato dimostrato che alcuni interventi precoci sono in grado di migliorare la salute cardiovascolare dell’adulto e che le competenze interpersonali – promosse attraverso una relazione sicura e affettuosa con i genitori – generano empatia e autocontrollo che inibiscono comportamenti antisociali e la violenza.

La maggior parte delle situazioni critiche in questa fase cruciale sembra essere legata alle difficoltà socioeconomiche dei genitori, con evidenti disuguaglianze territoriali e non solo. Tra il 2020 e il 2021, l’incidenza della povertà assoluta per le famiglie con 3 o più figli minorenni è ancora aumentata, dal 19,8 al 20,4%, raggiungendo un valore triplo rispetto alle famiglie con un solo figlio minorenne, e la povertà relativa colpisce 2 famiglie con figli minori su 5 in Campania a fronte di 1 su 6 al nord[12]. Pesa anche il fattore legato alla cittadinanza: il 16,3% delle donne partorienti senza cittadinanza italiana effettua meno di cinque visite mediche durante la gravidanza, contro il 3,8% delle donne italiane, spesso il primo controllo ginecologico avviene solo dopo la dodicesima settimana di gestazione (12,5% contro 3,8% per le italiane) e si effettua una sola ecografia ostetrica (3,8% contro 1%)[13].

L’accesso alle cure e il sostegno alla genitorialità sono allora determinanti per ridurre i fattori di rischio e rafforzare quelli di protezione e di stimolo che avranno un impatto positivo dalla nascita del bambino fino all’età adulta. In attesa dell’attuazione degli investimenti del  PNRR per i servizi per la prima infanzia, solo il 13,7% dei bambini dei bambini sotto i 3 anni accede agli asili nido pubblici e convenzionati, con una forbice che va dal 2,8% della Calabria al 28,4% dell’Emilia Romagna, e la spesa pro-capite dei Comuni si limita in media a 909 euro, e se raggiunge addirittura 2.617 euro nella Provincia Autonoma di Trento o 1.996 in Emilia Romagna, al sud non supera i 600 euro e va dai 570 della Sardegna al picco negativo dei 110 euro della Calabria[14].

 

Salute e benessere tra i 3 e i 10 anni

È tra i 3 e i 10 anni che entra in gioco in modo prepotente l’effetto dell’ambiente che circonda i bambini. Se è sano o malato può fare una grande differenza. Per contrastare l’inquinamento nelle città ci vorrebbe il verde anche in città, ma se la media nei capoluoghi di provincia è di 31 metri quadrati per abitante, in Puglia e Molise i metri quadrati si riducono a circa 10, e non si superano i 20 neanche in Campania, Sicilia, Liguria e Valle d’Aosta[15]. Anche la deprivazione abitativa condiziona benessere e salute, come accade a più della metà (55,7%) dei minori in povertà relativa, costretti a vivere in case sovraffollate. Il riscaldamento, già nel 2021 prima del caro bollette, era quasi un sogno per il 16,5%  delle famiglie con figli a carico in povertà relativa[16]. Per le famiglie più povere (1° quintile) quasi metà del bilancio familiare mensile è destinato all’abitazione  – 47% circa al Centro Nord e 41% nel Mezzogiorno[17], mentre quelle più ricche (5° quintile) spendono in termini assoluti il triplo per questa voce che incide però solo per il 1/3 del loro bilancio familiare.

In questa fascia d’età si manifestano anche Bisogni Educativi Speciali, legati a motivi fisici, biologici, fisiologici o anche psicologici e sociali, che secondo i dati ufficiali riguardano il 6,5% degli alunni della scuola primaria. Nel caso dei bambini con disabilità o limitazioni funzionali, il modello italiano di inclusione scolastica è tra i più avanzati al mondo, ma l’attuazione lascia a desiderare. In media, solo il 32% delle scuole è privo di barriere per alunni con disabilità motoria, si supera appena il 40% nelle due regioni più organizzate (Lombardia e Marche), ma si scende al 23% in regioni come la Campania e la Liguria. Solo una scuola su 100, invece, è dotata di ausili per l’accessibilità degli alunni con cecità o ipovedenti[18]. Nell’anno scolastico 2020/21 le alunne e gli alunni disabili nel sistema scolastico pubblico erano più di 268.000, il 3,6% di tutti gli studenti, ma gli insegnanti di sostegno erano 152 mila circa e un terzo non aveva una formazione specifica, il 20% era stato assegnato in ritardo.

 

Gli adolescenti

Gli adolescenti vivono la fase di transizione più delicata della vita, che la pandemia ha messo ancor più a dura prova. Secondo un recente studio svolto tra 30mila studenti delle scuole superiori e dell’università,  più di 1 su 4 nei primi mesi del  2022 ha avuto esperienze di disturbi alimentari (28%), il 15,5% atti di autolesionismo, il 10% ha fatto uso di droghe, il 12% di alcol in quantità eccessive[19].

In tutto il Paese poi, i ricoveri in ospedale per cause legate ai disturbi del comportamento alimentare sono triplicati tra il 2019 ed il 2021, e nel 2022 letà di esordio di queste patologie è scesa a 11-13 anni: sono quasi tutte ragazze (il 90%) le ospiti di strutture pubbliche e private specializzate per la cura  dei disturbi dell’alimentazione (fino ad ora ne sono state censite 123 dall’ISS, di cui 61 a Nord, 23 al Centro e 39 nel Mezzogiorno); le diagnosi più frequenti sono l’anoressia nervosa (36,2%), la bulimia nervosa (17,9%) e il disturbo di binge eating (12,4%). Anche l‘isolamento volontario riguarda un numero significativo di adolescenti. Al netto dei limiti imposti dalle restrizioni per il Covid19 e delle uscite per andare a scuola, il 5,6% degli studenti riferisce di non lasciare mai la propria casa o la propria stanza per attività extrascolastiche[20]. In Italia poi, nel 2021, fumava circa un adolescente tra i 14 e i 19 anni su 10, con un valore massimo registrato in Sardegna (15,8%)[21]. Oltre mezzo milione di studenti (21%), sempre nel 2021, ha consumato bevande alcoliche fino al punto di barcollare, non riuscire a parlare correttamente, vomitare o dimenticare l’accaduto e per circa 15mila di loro è stato un comportamento frequente. Bere almeno sei bicchieri di bevande alcoliche in un’unica occasione (binge drinking) è una pratica comune per il 4,6% degli adolescenti che consumano alcol. Allarmano le percentuali in crescita delle ragazze. Nello stesso anno sono circa 77 mila gli studenti fra i 15 e i 19 anni che hanno fatto uso di Nuove Sostanze Psicoattive (NPS). Tra le nuove forme di dipendenza, oltre 350mila studenti hanno un profilo di rischio per luso di Internet[22], e sta crescendo sensibilmente il numero di vittime (46%) e persecutori (29%) del cyberbullismo. La percentuale di chi presenta un elevato rischio di gaming problematico sfiora in Italia il 30%, ben sopra alla media europea (20%). Un tema sensibile per la salute degli adolescenti infine è quello dell’educazione sessuale. Nonostante l’OMS individui nell’educazione alla sessualità a scuola un fattore di protezione anche rispetto agli abusi sessuali, l’Italia è uno dei pochi Paesi dell’Unione europea (insieme a Bulgaria, Croazia, Lituania e Romania) nei quali questi corsi non sono obbligatori.

Le disuguaglianze di genere contano anche nella fase adolescenziale. La possibilità di andare incontro a una pubertà precoce, ad esempio, è da 10 a 20 volte superiore nelle bambine, la celiachia o i disturbi alimentari hanno anch’essi una prevalenza femminile, mentre i disturbi dello spettro autistico sono 4 volte più frequenti nei maschi.

Importanti sono anche le problematiche di salute dei bambini e degli adolescenti che affrontano le migrazioni: nel caso dei minori stranieri non accompagnati, che sono circa 17 mila, e provengono per il 32% dall’Ucraina, si segnalano depressione e disturbo post traumatico da stress nei primi anni dopo il reinsediamento, per i traumi e le violenze spesso subite nella fuga dal loro Paese e in un viaggio che può durare mesi o anche anni.

 

Raccolta dati permanente su infanzia e adolescenza

L’Atlante quest’anno presenta una grande novità, il dialogo con i lettori non si interrompe, ma prosegue sul nuovo Data hub di Save the Children  (datahub.savethechildren.it), uno spazio virtuale aperto a tutti che sarà dedicato alla raccolta e alla diffusione costante di informazioni, dati, analisi e ricerche su infanzia e adolescenza, in Italia e nel mondo. È uno spazio che verrà alimentato progressivamente e con continuità grazie alla collaborazione generosa delle principali istituzioni di ricerca, da università, centri studi e fondazioni, una rete che si vuole arricchire ulteriormente di tanti altri attori, uniti nell’interesse comune di promuovere e tutelare bambine, bambini e adolescenti, nel nostro Paese come nel resto del mondo.

 

Gli interventi di Save the Children nei territori

Gli interventi di Save the Children in Italia da anni si realizzano su territori e quartieri delle città nei territori dove vi è un forte impatto di disuguaglianze socioeconomiche ed educative su bambine, bambini e adolescenti. Sono programmi che puntano ad essere innovativi, misurabili nel loro impatto, replicabili e realizzati in rete con le istituzioni e le realtà del terzo settore impegnate in prima linea.

Il supporto specifico alla salute e benessere materno-infantile è assicurato con il progetto Fiocchi in Ospedale, attivo da 10 anni e realizzato in collaborazione con Aziende Sanitarie locali, Aziende Ospedaliere, Policlinici Universitari e associazioni territoriali di 9 città italiane (Torino, Milano, Pescara, Roma, Napoli, Bari, Sassari, Brindisi, Ancona). Il progetto ha raggiunto dal 2012 quasi 41.500 bambini e bambine e più di 38.000 adulti, tra genitori e caregivers, con attività di informazione, sostegno e orientamento, con doti di cura (percorso di presa in carico integrata) e di sostegno d’emergenza personalizzate. È un intervento che si estende poi attraverso gli Spazi Mamme, presenti nei contesti periferici di 11 città (Torino, Genova, Milano, Roma, Napoli, Brindisi, Bari, Sassari, San Luca (RC), Palermo, Catania) e orientati alle famiglie ad alto rischio di emarginazione e di esclusione sociale con figli fino ai 6 anni di età, che hanno raggiunto dal 2014 quasi 36.000 genitori e più di 25.000 bambine e bambini. Più di una “dote” su 3, tra le 97 erogate nel 2022, ha riguardato visite specialistiche, terapie, spese mediche, spese farmaceutiche, kit di benessere per le neomamme, campi estivi o ginnastica per i più piccoli o momenti ricreativi per la famiglia.

Nello stesso tipo di contesto e vulnerabilità, sono presenti i 26 Punti Luce, spazi gratuiti quotidiani ad alta intensità educativa, in 20 città italiane e 15 regioni (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Veneto). I Punti Luce hanno accompagnato dal 2014 più di 46.700 bambine, bambini e adolescenti tra i 6 e i 17 anni nel loro percorso per apprendere, sperimentare, sviluppare e far fiorire liberamente capacità, talenti e aspirazioni, grazie anche a più di 4.000 doti educative individuali.  Sono un forte presidio attivo per il contrasto della povertà educativa e del disagio pisco-sociale, e per la promozione del benessere psicofisico. Per poter raggiungere un bacino ancora più ampio durante la pandemia, Save the Children ha lanciato nel 2021 la piattaforma Officina del Benessere, volta a rafforzare la conoscenza e la preparazione degli adulti di riferimento – genitori, insegnanti, educatori – perché possano meglio prevenire, riconoscere tempestivamente e affrontare adeguatamente le forme di disagio legate alla salute psicofisica delle bambine, dei bambini e degli adolescenti, che conta più di 132mila utenti. Molti interventi sono poi realizzati all’interno degli istituti scolastici, per contrastare la dispersione scolastica e per educare ad un uso corretto e consapevole del digitale. Una forte spinta a considerare il tema della salute mentale degli adolescenti è emersa, durante la pandemia, dalla rete Sottosopra, il movimento giovani per Save the Children oggi presente in 15 città.