Home C'era una volta Le Olimpiadi a Cortina, tre miliardi per cinque cerchi

Le Olimpiadi a Cortina, tre miliardi per cinque cerchi

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Il 26 gennaio 1956 iniziano i Giochi Olimpici d’inverno a Cortina d’Ampezzo. Gli eventi e le competizioni per le quali l’Italia ha speso più di tre miliardi di lire si alterneranno fino al 5 febbraio 1956.

Chi paga il conto?

Stupisce che la sede dei giochi sia stata fissata in un comune di 5.450 abitanti. In realtà già nel 1930 il Comitato Olimpico Internazionale aveva deliberato di assegnare a Cortina d’Ampezzo l’edizione del 1944 dei Giochi Olimpici invernali. Nel 1944 però il mondo è devastato da una guerra distruttiva. Quando i cannoni tacciono e le macerie sono ormai state portate via si ritorna a parlare dell’argomento. Nel 1947 il Consiglio Comunale di Cortina litiga senza trovare un accordo mentre Oslo si accaparra le Olimpiadi del 1952. La domanda intorno alla quale si attorciglia la discussione è: chi paga? Quando da Roma arriva l’impegno del Coni ad assumersi le spese cadono le riserve. Il 30 dicembre 1948 il Consiglio Comunale chiede all’unanimità l’assegnazione delle Olimpiadi invernali a Cortina e il 4 aprile 1949 il CIO accoglie la richiesta. Organizzare le Olimpiadi non è uno scherzo, soprattutto se la scelta è caduta su un’area lontana dalle grandi infrastrutture di comunicazione e di trasporto. Si dà il via alle opere con una comprensibile precedenza per le attrezzature sportive: lo stadio del ghiaccio, il trampolino di salto, la pista per il bob, gli impianti di risalita e le piste per le gare di sci. Per le gare di velocità su ghiaccio si pensa di utilizzare il lago di Misurina, distante pochi chilometri. C’è poi da garantire l’accesso di atleti e spettatori adeguando la strada statale 51 di Alemagna, un via di comunicazione costruita dagli Austriaci fra il 1825 e il 1830. Poi c’è la ferrovia. Per un po’ si pensa di allargare la ferrovia a scartamento ridotto che collega Cortina ai due capolinea delle ferrovie dello Stato, di Calalzo a sud, e Dobbiaco a nord, ma alla fine ci si accontenta di qualche intervento migliorativo.

Il credito alberghiero e il rosso delle nevi

Un problema non da poco è quello posto dalla scarsa presenza di strutture ricettive funzionanti. La totalità degli alberghi, infatti, porta i segni degli eventi bellici visto che a partire dal 1941, e fino a quasi tutto il 1946, sono stati occupati da strutture ospedaliere per accogliere i feriti e ammalati provenienti dai vari fronti. Lo stesso destino riguarda anche molte ville e case private. Per evitare di perdere tempo in chiacchiere viene prevista l’apertura di una linea speciale di “credito alberghiero”. La maggior parte degli operatori, davanti alle difficoltà burocratiche, finirà per procurarsi i soldi in proprio indebitandosi e sopperendo con l’entusiasmo alle lacune della burocrazia. L’edizione resta nella memoria oltre che per i risultati tecnici importanti anche per un’organizzazione perfetta e per gli impianti realizzati con tecnologie innovative, soprattutto lo stadio del ghiaccio e l’avveniristico trampolino per il salto. Il cronometraggio è elettrico e le tribune per il bob vengono riscaldate con raggi infrarossi. Gli italiani eleggono a loro rappresentante Eugenio Monti, un ex sciatore passato al bob che porta in alto il tricolore scendendo a rotta di collo sulle piste di ghiaccio. Per il colore dei capelli viene ribattezzato dai giornali “il rosso delle nevi”, un appellativo che non perderà più. Per la verità oltre a Monti sembra sia in rosso anche il rendiconto economico. Alla fine delle giornate di gare si tirano le somme e si scopre che gli spettatori sono stati pochi e che gli incassi non hanno coperto nemmeno la metà delle spese. Il successo di immagine però finisce per tacitare anche i lamenti di chi sostiene che l’Italia non si sarebbe potuta permettere le Olimpiadi.

 

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Gianni Lucini
Scrivere è il mio principale mestiere, comunicare una specializzazione acquisita sul campo. Oltre che per comunicare scrivo anche per il teatro (tanto), il cinema e la TV. È difficile raccontare un'esperienza lunga una vita. Negli anni Settanta ho vissuto la mia prima solida esperienza giornalistica nel settimanale torinese "Nuovasocietà" e alla fine di quel decennio mi sono fatto le ossa nella difficile arte di addetto stampa in un campo complesso come quello degli eventi speciali e dei tour musicali. Ho collaborato con un'infinità di riviste, alcune le ho anche dirette e altre le dirigo ancora. Ho organizzato Uffici Stampa per eventi, manifestazioni e campagne. Ho formato decine di persone oggi impegnate con successo nel settore del giornalismo e della comunicazione. Ho scritto e sceneggiato spot e videogiochi. Come responsabile di campagne di immagine e di comunicazione ho operato anche al di fuori dei confini nazionali arrivando fino in Asia e in America Latina. Dal 1999 al 2007 mi sono occupato di storia e critica musicale sul quotidiano "Liberazione".