Home C'era una volta Chi vota per Bush non è punk e chi si astiene è...

Chi vota per Bush non è punk e chi si astiene è un cacasotto

SHARE

“Questa compilation non nasce per fare profitti: nasce per fare la differenza”. La scritta in inglese campeggia bene in evidenza il 16 luglio 2004 nel libretto che accompagna “Rock Against Bush – vol. 1” l’album promosso e realizzato dall’eclettico Fat Mike a supporto del sito www.punkvoter.com. per convincere i giovani ad andare a votare contro Bush.

Mobilitazione globale

La filosofia dell’album, presentato anche in Italia il 16 luglio, e del sito è, grosso modo, riassumibile così: chi vota per Bush non è punk e chi si astiene è un pisciasotto. E se il presidente dell’America imperialista che punta a farsi impero sceglie il mondo intero come scenario per la sua campagna elettorale, i punk decidono di fare lo stesso perché alla minaccia globale si risponde con la mobilitazione globale. L’album viene così distribuito ovunque. In allegato c’è un dvd con videoclip (di Bad Religion, Anti-Flag, NOFX e Strike Anywhere), documentari sulla guerra in Iraq, divertenti spot anti-Bush e un monologo del comico David Cross. La scaletta del Cd è ricca. Accanto ai nomi sempre presenti in iniziative di questo genere ci sono anche gruppi inaspettati. Balzano all’occhio Pennywise, Strike Anywhere, Anti-Flag, NOFX, New Found Glory, Sum 41, Less Than Jake, Soviettes, Ataris, Authority Zero, Strong Out e il quasi leggendario Jello Biafra supportato per l’occasione dai D.O.A. Tra i brani spiccano la bella versione elettrica di Sink, Florida, sink degli Against Me!, l’inedito Give it all dei Rise Against e una Baghdad degli Offspring che è in realtà la riscrittura della Tehran del loro primo album.

Altri nomi illustri

L’elenco comprende altri nomi illustri come Social Distortion, Descendents o Billy Bragg che affianca i Less Than Jake. Gli amanti dei generi più di confine si possono deliziare con il crossover dei Frisk, il metallo industriale dei Ministry, l’indie-rock degli ormai disciolti Denali, la new wave degli Epoxies, lo ska-core degli RX Bandits, il folk-punk di The World/Inferno Friendship Society o l’emo-pop-rock degli Alkaline Trio e dei Get Up Kids. La campagna di Punkvoter.com sarà supportata anche da decine di concerti cui parteciperanno, oltre ai gruppi citati, Bad Religion, Blink, Good Charlotte, Foo Fighters, Green Day e Sonic Youth, destinati a finire nell’annunciata seconda compilation. Di fronte a quest’offensiva mediatica l’establishment non è stato fermo. In pochi giorni è nato un sito “di destra”, ConservativePunk.com, che ha arruolato l’ex cantante dei Misfits Michael Graves, l’ex Black Flag Henry Rollins e il leggendario Johnny Ramone, tutti favorevoli alla rielezione di Bush. Il tentativo, però, come scrive la stampa d’oltreoceano «…finora ha raccolto scarse adesioni e si è tolto poche soddisfazioni…». Sono timidi e un po’ patetici pannicelli messi a fermare l’onda. Nata sull’onda del movimento contro la guerra l’ondata musicale anti-Bush non sembra facilmente arrestabile. Chi vota per Bush non è punk, appunto.

 

Previous articleJoe Harriott, il sassofonista venuto dalla Giamaica
Next articleZoot Mooney, un irrequieto bluesman britannico
Gianni Lucini
Scrivere è il mio principale mestiere, comunicare una specializzazione acquisita sul campo. Oltre che per comunicare scrivo anche per il teatro (tanto), il cinema e la TV. È difficile raccontare un'esperienza lunga una vita. Negli anni Settanta ho vissuto la mia prima solida esperienza giornalistica nel settimanale torinese "Nuovasocietà" e alla fine di quel decennio mi sono fatto le ossa nella difficile arte di addetto stampa in un campo complesso come quello degli eventi speciali e dei tour musicali. Ho collaborato con un'infinità di riviste, alcune le ho anche dirette e altre le dirigo ancora. Ho organizzato Uffici Stampa per eventi, manifestazioni e campagne. Ho formato decine di persone oggi impegnate con successo nel settore del giornalismo e della comunicazione. Ho scritto e sceneggiato spot e videogiochi. Come responsabile di campagne di immagine e di comunicazione ho operato anche al di fuori dei confini nazionali arrivando fino in Asia e in America Latina. Dal 1999 al 2007 mi sono occupato di storia e critica musicale sul quotidiano "Liberazione".