Home C'era una volta Gilles Villeneuve, lo sfasciacarrozze

Gilles Villeneuve, lo sfasciacarrozze

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L’8 maggio 1982 muore Gilles Villeneuve. Arrivato nel 1978 alla Ferrari per fare da secondo a Carlos Reutemann, Gilles Villeneuve si era fatto rapidamente la fama di un irruente “sfasciamacchine”. Era un pilota all’antica, capace di dare tutto in corsa e di infiammare l’entusiasmo dei tifosi.

La protezione di Ferrari

Quando arriva Enzo Ferrari stravede per lui e lo paragona ai grandi dell’epoca eroica dell’automobilismo. Viso da ragazzino e una gran voglia d’arrivare, Gilles Villeneuve accetta pazientemente di essere il numero due in squadra, prima dietro a Reutemann, poi al sudafricano Jody Sheckter. In molti pensano che sia inadatto allo ‘stile Ferrari’, ma gode della protezione del ‘patron’ Ferrari e quindi può farsi le ossa senza problemi. Pian Piano conquista la fiducia di tutti e, all’inizio degli anni Ottanta, è ormai considerato uno dei piloti più promettenti del panorama mondiale. Il suo tragico destino si compie, però, sabato 8 maggio 1982. Sono in corso le prove del Gran Premio del Belgio. Quel giorno è inquieto. Quindici giorni prima il suo compagno di squadra Didier Pironi gli ha ‘rubato’ la vittoria del Gran Premio di Imola proprio sul traguardo e lui non gliel’ha perdonata. Ce l’ha con Pironi, ce l’ha con la Ferrari, ce l’ha con tutto il mondo.

In curva come sui rettilinei

Quando l’ultima sessione delle prove ufficiali si sta ormai concludendo il suo compagno ha il miglior tempo per un’inezia: 1’16’’500 contro il suo 1’16’’620. Decide di tentare di batterlo. Si fa montare quattro nuovi pneumatici e ritorna in pista. Compie un giro in 1’17’’ poi si butta in un’altra tornata. Sono le 13,52, mancano pochi minuti alla fine delle prove. Arriva velocissimo in una curva che si prende in piena velocità, a duecentocinquanta chilometri l’ora. Davanti alla sua vettura c’è la March di Jochen Mass, più lenta. Cerca di passarla all’interno, convinto che il pilota tedesco l’abbia visto e gli agevoli la manovra. Non è così. La ruota anteriore sinistra della Ferrari sale sulla ruota posteriore destra della March e perde l’assetto. Dopo un volo di quasi duecento metri si schianta sull’asfalto. Ai soccorritori appare chiaro che non c’è più niente da fare. Poco tempo prima aveva detto: «Oggi in curva si va come sui rettilinei e tutto questo è semplicemente assurdo perché in questo modo non ci sono possibilità di sorpasso e l’abilità del pilota conta fino a un certo punto. La velocità ci vuole nei rettilinei, ma poi bisogna dare al pilota la possibilità di azionare freni e cambio per affrontare nella maniera migliore le curve. Altrimenti non c’è più spettacolo e anche il pilota si prende dei rischi in più che non avrebbe alcun senso correre».

 

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Gianni Lucini
Scrivere è il mio principale mestiere, comunicare una specializzazione acquisita sul campo. Oltre che per comunicare scrivo anche per il teatro (tanto), il cinema e la TV. È difficile raccontare un'esperienza lunga una vita. Negli anni Settanta ho vissuto la mia prima solida esperienza giornalistica nel settimanale torinese "Nuovasocietà" e alla fine di quel decennio mi sono fatto le ossa nella difficile arte di addetto stampa in un campo complesso come quello degli eventi speciali e dei tour musicali. Ho collaborato con un'infinità di riviste, alcune le ho anche dirette e altre le dirigo ancora. Ho organizzato Uffici Stampa per eventi, manifestazioni e campagne. Ho formato decine di persone oggi impegnate con successo nel settore del giornalismo e della comunicazione. Ho scritto e sceneggiato spot e videogiochi. Come responsabile di campagne di immagine e di comunicazione ho operato anche al di fuori dei confini nazionali arrivando fino in Asia e in America Latina. Dal 1999 al 2007 mi sono occupato di storia e critica musicale sul quotidiano "Liberazione".