Home C'era una volta Jimmy Reed, il successo e il declino di un bluesman

Jimmy Reed, il successo e il declino di un bluesman

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Il 6 settembre 1925 a Dunleith, nel Mississippi nasce Mathis James Reed destinato a diventare con il nome di Jimmy Reed, uno dei bluesmen più popolari e di successo a partire dai primi anni Cinquanta del Novecento.

Un successo imprevedibile

Nato in una famiglia di contadini impara a suonare la chitarra e l’armonica all’età di dieci anni. Nel 1937 conosce Eddie Taylor, che diventa suo grandissimo amico, e nel 1943 si stabilisce a Chicago. Dopo il periodo di leva trascorso in Maryland ritorna in Mississippi nel 1945. Con la moglie Mary Davis si trasferisce di nuovo a Chicago nel 1948. La musica non gli dà da vivere e lui per sbarcare il lunario fa l’operaio in un’acciaieria. Nei primi anni Cinquanta si avvicina all’ambiente dei bluesmen, riuscendo a ottenere i primi ingaggi nei locali con Eddie Taylor, Blind John Davis, Kansas City Red e altri. La canzone You don’t have to go, registrata per la Vee Jay diventa il suo primo successo discografico, Gli anni Cinquanta sono quelli della sua grande affermazione costellata da dischi di successo, esibizioni e concerti, anche in teatri famosi come l’Apollo e la Carnegie Hall Tra il 1953 e il 1966 piazza ben ventidue singoli nelle classifiche statunitensi di vendita stabilendo un record secondo solo alle vendite di Muddy Waters. Il suo stile è semplice ma originale ed efficace. Una successione di bassi ambulanti viene interrotta da brevi, concisi, assoli dell’armonica, prevalentemente sui registri acuti. Canta con una pronuncia strascicata e una dizione volutamente trascurata su una musica pigra e languida.

Un declino rapido e tragico

Il declino inizia a partire dagli anni Sessanta. Nel 1957 sviluppa l’epilessia, che non nessuno ancora sa riconoscere perché diagnosticata molto tempo dopo e all’epoca non curata correttamente e confusa con il “delirium tremens”. L’alcoolismo, l’epilessia, il fallimento della Vee Jay, la casa discografica dei suoi maggiori successi, lo prostrano profondamente. Il litigio e la rottura di ogni rapporto con l’amico Eddie Taylor, stanco di avere a che fare con un uomo distrutto dall’alcool, sono un altro terribile colpo. Tiene ancora concerti fino al 1975 senza mai raggiungere, tuttavia, i risultati di un tempo. Ascoltando la sua musica, bluesmen come Slim Harpo, Lazy Lester, Juke Boy Bonner troveranno un punto di riferimento e una fonte d’ispirazione. La sua influenza è vivissima anche nell’attuale repertorio dei chitarristi di blues elettrico chicagoano. Alcune delle sue scelte musicali si ritrovano nei dischi di Elvis Presley, degli Animals, degli Yardbirds e soprattutto dei Rolling Stones. Muore a Oakland in California il 29 agosto 1976 pochi giorni prima del suo 51º compleanno.

 

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Gianni Lucini
Scrivere è il mio principale mestiere, comunicare una specializzazione acquisita sul campo. Oltre che per comunicare scrivo anche per il teatro (tanto), il cinema e la TV. È difficile raccontare un'esperienza lunga una vita. Negli anni Settanta ho vissuto la mia prima solida esperienza giornalistica nel settimanale torinese "Nuovasocietà" e alla fine di quel decennio mi sono fatto le ossa nella difficile arte di addetto stampa in un campo complesso come quello degli eventi speciali e dei tour musicali. Ho collaborato con un'infinità di riviste, alcune le ho anche dirette e altre le dirigo ancora. Ho organizzato Uffici Stampa per eventi, manifestazioni e campagne. Ho formato decine di persone oggi impegnate con successo nel settore del giornalismo e della comunicazione. Ho scritto e sceneggiato spot e videogiochi. Come responsabile di campagne di immagine e di comunicazione ho operato anche al di fuori dei confini nazionali arrivando fino in Asia e in America Latina. Dal 1999 al 2007 mi sono occupato di storia e critica musicale sul quotidiano "Liberazione".