Home C'era una volta Gino Bechi, un baritono prestato alla canzone

Gino Bechi, un baritono prestato alla canzone

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Il 16 ottobre 1913 nasce a Firenze Gino Bechi, considerato da molti critici il maggior baritono del Novecento. Se un tale giudizio, come tutto quanto attiene alla sfera delle opinioni, è soggetto alla possibilità di confutazione, più difficile diventa la contestazione dell’innegabile “modernità” di questo artista capace di muoversi con grande disinvoltura tra i generi e gli stili adattando spesso tecnica e timbrica alle esigenze in divenire della moderna tecnologia.

Il debutto a ventitré anni

A diciassette anni inizia a studiare canto lirico con i maestri Raul Frazzi e De Giorgi. Nel 1936, a soli ventitré anni, debutto nella lirica a Empoli con la “Traviata” di Giuseppe Verdi, facendosi notare per il talento naturale del canto e disinvoltura in scena. La svolta nella sua carriera arriva qualche anno dopo quando alla Scala di Milano sostituisce all’ultimo momento il baritono ne “La forza del destino” al fianco di due grandi della lirica come Beniamino Gigli e Gina Cigna. Il successo scaligero gli apre le porte dei grandi teatri lirici e segna l’inizio di una straordinaria carriera che lo vede trionfare in tutto il mondo. Per ben nove volte canta nell’opera che inaugura la stagione alla Scala. Si dedica anche alla canzone pubblicando vari dischi nei quali privilegia soprattutto i grandi brani della tradizione partenopea pur senza rinunciare a cimentarsi con i brani melodici più in voga del periodo. Un grandissimo successo ottiene anche al cinema interpretando una lunga serie di film musicali negli anni Quaranta e Cinquanta. Proprio da una delle sue frequenti incursioni cinematografiche arriva il brano più famoso del suo repertorio, La strada nel bosco, una canzone scritta da Cesare Andrea Bixio, Nicola Salerno ed Ermenegildo Rusconi per il film omonimo. A sorpresa nel 1963, ancora molto popolare, decide di ritirarsi dalle scene annunciando ufficialmente la fine della carriera di cantante a Borgosesia dopo essersi esibito per l’ultima volta ne “Il barbiere di Siviglia”.

La musica ha il gusto dell’evoluzione

Popolarissimo in Italia sia tra gli appassionati della lirica che presso il pubblico che affolla le sale cinematografiche grazie a una lunga serie di film musicali destinati a fare scuola nel cinema popolare italiano, tra gli anni Quaranta e i Cinquanta riesce a diventare anche uno dei cantanti lirici italiani più popolari del mondo. L’impresa è tutt’altro che semplice per un baritono visto che in genere sono soltanto i tenori a catturare l’immaginazione e la passione dei melomani. La voce di Gino Bechi, di grande ampiezza e costantemente educata appare sempre all’altezza delle diverse sfide nelle quali si cimenta. Rispetto a molti altri protagonisti della lirica del suo tempo regge bene anche l’impatto con le nuove tecnologie, in primo luogo l’introduzione di un aggeggio complicato come il microfono, difficile da gestire per chi è abituato al canto largo, libero e potente dei palcoscenici lirici. Nel corso della sua non lunghissima carriera non accetta mai l’idea di fermarsi. Per lui la musica ha il gusto dell’evoluzione, della nuova sfida. Per questa ragione passa dalla lirica alla canzone e poi trova nuovi stimoli nella nascente cinematografia musicale italiana impegnata a costruire una strada diversa dalla pura e semplice trasposizione filmica delle opere liriche più conosciute. Vince tutte le sua sfide e quando gli sembra di non riuscire a trovarne delle nuove si ritira dalle scene a poco più di cinquant’anni. Dopo il ritiro dalle scene gestisce una scuola di perfezionamento per giovani cantanti lirici a Firenze e per qualche tempo è presidente del Concorso Internazionale di canto di Siena intitolato a Ettore Bastianini. Muore a Firenze, il 2 febbraio 1993.

 

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Gianni Lucini
Scrivere è il mio principale mestiere, comunicare una specializzazione acquisita sul campo. Oltre che per comunicare scrivo anche per il teatro (tanto), il cinema e la TV. È difficile raccontare un'esperienza lunga una vita. Negli anni Settanta ho vissuto la mia prima solida esperienza giornalistica nel settimanale torinese "Nuovasocietà" e alla fine di quel decennio mi sono fatto le ossa nella difficile arte di addetto stampa in un campo complesso come quello degli eventi speciali e dei tour musicali. Ho collaborato con un'infinità di riviste, alcune le ho anche dirette e altre le dirigo ancora. Ho organizzato Uffici Stampa per eventi, manifestazioni e campagne. Ho formato decine di persone oggi impegnate con successo nel settore del giornalismo e della comunicazione. Ho scritto e sceneggiato spot e videogiochi. Come responsabile di campagne di immagine e di comunicazione ho operato anche al di fuori dei confini nazionali arrivando fino in Asia e in America Latina. Dal 1999 al 2007 mi sono occupato di storia e critica musicale sul quotidiano "Liberazione".