Home C'era una volta In Italia la radio si fa in tre

In Italia la radio si fa in tre

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Il 1° ottobre 1950 nasce il terzo programma radiofonico della Rai. Da tempo una lunga serie di intellettuali e uomini di cultura premevano perché il servizio pubblico radiofonico qualificasse maggiormente i contenuti della sua programmazione.

Non si può fare una radio troppo impegnata

Contro queste richieste l’obiezione degli esperti delle comunicazioni di massa era stata a lungo quella di far presente che la radio si rivolgeva a un pubblico estremamente eterogeneo e costituiva, spesso, l’unica fonte di informazioni e il principale elemento di svago per gran parte della popolazione italiana. Per questa ragione sia nel linguaggio che nelle scelte di programmazione in teoria si dovevano fare scelte che si rivolgano a tutta la popolazione. Il succo era: «Non si può fare una radio per pochi eletti». Se in parte era vero, «d’altra parte – obiettavano i sostenitori di una decisa riqualificazione della programmazione radiofonica – non si può nemmeno pensare di relegare cultura e musica “colta” in orari impossibili e in spazi angusti per sempre».

La soluzione trascura il jazz

La “querelle” trova, infine, una soluzione con un nuovo canale. Il 1° ottobre 1950, quindi, iniziano le trasmissioni del Terzo programma radiofonico della RAI, caratterizzato da un deciso indirizzo culturale e dalla programmazione di musiche diverse da quella cosiddetta “leggera”. Gli unici scontenti restano gli appassionati di jazz che lamentano come il loro genere preferito, che già trovava poco spazio nei due programmi tradizionali, finisca per essere trascurato anche dal Terzo a favore della musica classica e di quella da camera.

 

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Gianni Lucini
Scrivere è il mio principale mestiere, comunicare una specializzazione acquisita sul campo. Oltre che per comunicare scrivo anche per il teatro (tanto), il cinema e la TV. È difficile raccontare un'esperienza lunga una vita. Negli anni Settanta ho vissuto la mia prima solida esperienza giornalistica nel settimanale torinese "Nuovasocietà" e alla fine di quel decennio mi sono fatto le ossa nella difficile arte di addetto stampa in un campo complesso come quello degli eventi speciali e dei tour musicali. Ho collaborato con un'infinità di riviste, alcune le ho anche dirette e altre le dirigo ancora. Ho organizzato Uffici Stampa per eventi, manifestazioni e campagne. Ho formato decine di persone oggi impegnate con successo nel settore del giornalismo e della comunicazione. Ho scritto e sceneggiato spot e videogiochi. Come responsabile di campagne di immagine e di comunicazione ho operato anche al di fuori dei confini nazionali arrivando fino in Asia e in America Latina. Dal 1999 al 2007 mi sono occupato di storia e critica musicale sul quotidiano "Liberazione".