L’11 giugno 1920 a Port of Spain, nell’isola di Trinidad, nasce la pianista Hazel Scott, una figura luminosa della musica afroamericana del Novecento la cui vita racconta una storia di talento precoce, di ribellione consapevole e di coraggio civile.

Il successo e il talento

Hazel Scott si trasferisce fin da bambina a New York con la madre pianista classica e a soli otto anni venne ammessa alla prestigiosa Juilliard School. Si tratta di un evento quasi impossibile per un’afroamericana negli anni Venti ma Hazel dimostra già allora una maturità tecnica e una libertà interpretativa straordinarie. Negli anni Trenta e Quaranta si impone come stella del jazz e del boogie-woogie, capace di trasformare i classici della musica colta come Chopin, Rachmaninov o Bach, in improvvisazioni jazzistiche piene di ritmo, ironia e swing. Questa contaminazione elegante tra generi la rende celebre nei club di Harlem e nei circuiti radiofonici. Anche Hollywood la inserisce in film come “Rhapsody in Blue” e “Broadway Rhythm” nei quali interpreta sostanzialmente se stessa.

L’impegno politico e la marginalizzazione

Oltre all’arte Hazel si impegna anche nella lotta contro il razzismo. Denuncia pubblicamente la segregazione nei locali e rifiuta contratti che prevedano pubblico separato per bianchi e neri. Negli anni Cinquanta è la prima donna afroamericana a condurre un programma televisivo negli Stati Uniti (“The Hazel Scott Show”), ma le accuse di simpatie comuniste in pieno maccartismo troncano bruscamente questa avventura. Scott decise allora di trasferirsi in Europa, dove vive a lungo tra Parigi e l’Italia, continuando a esibirsi con successo. Muore il 2 ottobre 1981 a New York quasi dimenticata. Oggi il suo nome torna a risuonare come esempio di libertà artistica e integrità morale capace di sfidare con eleganza e talento le convenzioni di un mondo ostile.

 

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Gianni Lucini
Scrivere è il mio principale mestiere, comunicare una specializzazione acquisita sul campo. Oltre che per comunicare scrivo anche per il teatro (tanto), il cinema e la TV. È difficile raccontare un'esperienza lunga una vita. Negli anni Settanta ho vissuto la mia prima solida esperienza giornalistica nel settimanale torinese "Nuovasocietà" e alla fine di quel decennio mi sono fatto le ossa nella difficile arte di addetto stampa in un campo complesso come quello degli eventi speciali e dei tour musicali. Ho collaborato con un'infinità di riviste, alcune le ho anche dirette e altre le dirigo ancora. Ho organizzato Uffici Stampa per eventi, manifestazioni e campagne. Ho formato decine di persone oggi impegnate con successo nel settore del giornalismo e della comunicazione. Ho scritto e sceneggiato spot e videogiochi. Come responsabile di campagne di immagine e di comunicazione ho operato anche al di fuori dei confini nazionali arrivando fino in Asia e in America Latina. Dal 1999 al 2007 mi sono occupato di storia e critica musicale sul quotidiano "Liberazione".