Home C'era una volta Jim Morrison, poeta

Jim Morrison, poeta

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Non sono molti al cimitero Père Lachaise di Parigi i testimoni, venerdì 9 luglio 1971, dell’ultimo atto della breve storia di Jim Morrison, il cantante dei Doors.

Si chiude la storia di Re Lucertola

Dopo sei giorni di varie peripezie legali la moglie e un gruppo di amici decidono di tumulare la salma nel cimitero parigino che ospita i resti mortali di altri personaggi illustri come Oscar Wilde, Edith Piaf, Fryderyk Chopin e Honorè de Balzac. La sua tomba reca una scritta semplice ed essenziale: “Jim Morrison, poeta”. Si chiude così, a ventotto anni non ancora compiuti, la storia di Re Lucertola, come si autodefiniva nelle sue liriche, stroncato da un attacco cardiaco nella vasca da bagno. Con la sua band, i Doors, aveva interpretato, almeno fino al 1969, l’ansia di ribellione della sua generazione, ma negli anni successivi era entrato in una fase calante, frutto della divaricazione tra il suo delirio visionario, un po’ aristocratico e concettuale, e la realtà dell’esplodere di “dieci, cento, mille Vietnam” nelle coscienze dei giovani di tutto il mondo.

La trasfigurazione

Altri erano ormai gli interpreti musicali della grande ventata che annunciava gli anni Settanta e lui aveva deciso di ritirarsi a Parigi, in un appartamento sulla Rive Droite, per cercare nuove strade alla sua creatività. Aveva rotto i ponti con i suoi compagni e pensava di lasciare la musica per passare decisamente alla letteratura. La sua scomparsa aggiunge un anello alla tragica catena di morti illustri del rock, dopo quella di Jimi Hendrix e di Janis Joplin. Già in questo fatto ci sono i presupposti della trasfigurazione in mito. Le sue liriche e le sue interpretazioni negli anni Settanta verranno riscoperte prima dalle correnti del rock decadente e dall’underground barocco e metafisico, poi dal punk, che vedrà in Morrison e nei Doors degli anarchici capaci di esprimere un profondo disgusto per la società.

 

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Gianni Lucini
Scrivere è il mio principale mestiere, comunicare una specializzazione acquisita sul campo. Oltre che per comunicare scrivo anche per il teatro (tanto), il cinema e la TV. È difficile raccontare un'esperienza lunga una vita. Negli anni Settanta ho vissuto la mia prima solida esperienza giornalistica nel settimanale torinese "Nuovasocietà" e alla fine di quel decennio mi sono fatto le ossa nella difficile arte di addetto stampa in un campo complesso come quello degli eventi speciali e dei tour musicali. Ho collaborato con un'infinità di riviste, alcune le ho anche dirette e altre le dirigo ancora. Ho organizzato Uffici Stampa per eventi, manifestazioni e campagne. Ho formato decine di persone oggi impegnate con successo nel settore del giornalismo e della comunicazione. Ho scritto e sceneggiato spot e videogiochi. Come responsabile di campagne di immagine e di comunicazione ho operato anche al di fuori dei confini nazionali arrivando fino in Asia e in America Latina. Dal 1999 al 2007 mi sono occupato di storia e critica musicale sul quotidiano "Liberazione".