Home C'era una volta Johnnie Temple, il bluesman che piaceva alla mafia

Johnnie Temple, il bluesman che piaceva alla mafia

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Il 22 novembre 1968 a Jackson nel Mississippi muore il cantante e chitarrista blues Johnnie Temple. Ha sessantadue anni ed è nato a Canton, sempre nello stato del Mississippi, il 18 ottobre 1906.

Sotto la protezione di Al Capone

Impara preso a suonare chitarra e mandolino oltre che a esibirsi in pubblico. Non ha ancora vent’anni ed è già uno degli intrattenitori più richiesti nelle feste campestri. Suona infatti con Walter Vinsorl e Lilly McAdoo, formando un trio più vicino ai generi country dei bianchi che al blues. Dopo aver conosciuto i due fratelli McCoy e Skip James, si trasferisce a Chicago nel 1932. Nel 1935 entra a far parte della schiera di musicisti che in cerca d’ingaggi e protezioni gravitano intorno alla “famiglia” mafiosa di Al Capone che si sta ristrutturando dopo l’arresto e le prime condanne del suo capo. Due anni dopo riporta un primo grande successo discografico con Louise, Louise Blues e rimane fino al 1939 negli Harlem Hamfats. Questo gruppo, diretto dai fratelli McCoy, viene accusato più volte di lavorare, non soltanto in senso musicale, per la mafia

Grandi collaborazioni

Buster Bailey, Lil Armstrong, Henry Red Allen, Al Casey sono solo alcuni tra i jazzisti che compaiono nei dischi che dal 1935 al 1941 registra a suo nome. Dopo la guerra è con il gruppo dei Rolling Four, una vera fucina di talenti che fino al 1956 lancia sulla scena del moderno blues chicagoano “Homesick” James e Walter Horton, Elmore James e Billy Boy Arnold. Da allora Temple cambia vita. È pastore metodista, riduce notevolmente i suoi impegni musicali fino alla morte, avvenuta a causa di un tumore. Fortemente influenzato dal blues del Delta e in particolare da Tommy Johnson è andato progressivamente raffinando il suo stile in senso melodico e urbano.

 

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Gianni Lucini
Scrivere è il mio principale mestiere, comunicare una specializzazione acquisita sul campo. Oltre che per comunicare scrivo anche per il teatro (tanto), il cinema e la TV. È difficile raccontare un'esperienza lunga una vita. Negli anni Settanta ho vissuto la mia prima solida esperienza giornalistica nel settimanale torinese "Nuovasocietà" e alla fine di quel decennio mi sono fatto le ossa nella difficile arte di addetto stampa in un campo complesso come quello degli eventi speciali e dei tour musicali. Ho collaborato con un'infinità di riviste, alcune le ho anche dirette e altre le dirigo ancora. Ho organizzato Uffici Stampa per eventi, manifestazioni e campagne. Ho formato decine di persone oggi impegnate con successo nel settore del giornalismo e della comunicazione. Ho scritto e sceneggiato spot e videogiochi. Come responsabile di campagne di immagine e di comunicazione ho operato anche al di fuori dei confini nazionali arrivando fino in Asia e in America Latina. Dal 1999 al 2007 mi sono occupato di storia e critica musicale sul quotidiano "Liberazione".